sabato 16 gennaio 2010

Alcune strane amnesie dell'ex pm Di Pietro

Girovagando per il mare magnum internettiano ho trovato questo blog: lapulcedivoltaire.blogosfere.it
Vi potete immaginare quanto mi sia divertito, ma anche incuriosito, a leggere alcune storie italiche dimenticate sul ex p.m. Di Pietro, come l'ultima di questi giorni che lui stesso ha diffuso sui media. Ha dichiarato che c'è un dossier su di lui, ovviamente falso, che sta girando in tutte le redazioni giornalistiche per screditarlo, avvalendosi di vecchie foto che lo ritraggono insieme al  colonnello dei carabinieri Mori ed il questore della polizia di Stato Contrada. Insieme a loro nella foto ci sarebbero anche alcuni funzionari dei servizi segreti» spiega Di Pietro che, dal suo blog, aggiunge che «naturalmente un acquirente si è subito fatto avanti: il solito quotidiano che, pur di buttare fango sul sottoscritto, acquista qualunque cosa, anche a prezzi esorbitanti, costi che poi si sommeranno a quelli che dovrà pagare per la querela che farò, e che si aggiungerà alla denuncia che ho già provveduto a depositare alla magistratura, perchè questa volta sono venuto a conoscenza per tempo della trappola».



Clamoroso autogol dell'ex PM fatto eleggere deputato nel collegio blindato del Mugello. Uomo forse elevato agli altari della magistratura grazie a una scheggia impazzita (davvero, nel caso) dei servizi segreti "dalemiani".
Il romanzo celebrativo, un saggio scritto da un giornalista-scriba, secondo la definizione di Filippo Facci, è un autogol che dimostra che Tonino Di Pietro non è un Cincinnato né un Cicerone ma, al più un Viceré nello stile del romanzo di De Roberto splendidamente portato sullo schermo da Roberto Faenza.

Filippo Facci per "Il Giornale"

Nulla è più inedito dell'edito, e nulla è più falso di un falso ripetuto. È la morale che si trae dai primi stralci de «Il guastafeste», libro-intervista che Antonio Di Pietro ha realizzato con Gianni Barbacetto, un giornalista transigente come uno scriba col suo faraone. In questo libro ogni cosa appare già detta, già scritta e già sbugiardata: nei fatti, negli atti e nondimeno in «Antonio Di Pietro, Intervista su Tangentopoli» che è un altro libro realizzato dall'ex magistrato nel 2000 con Giovanni Valentini.Quindi nessuna novità: semmai, come direbbe lui, reiterazione del reato e ulteriore inquinamento delle prove. Con l'aggravante che per confutare un libro di Di Pietro non basterebbe neppure un altro libro, tante sono le omissioni e le semplificazioni. Ma divertiamoci un pochino lo stesso.

BERLUSCONI È COME IL FÜHRER
Prima però dobbiamo liquidare le parti di puro delirio: «Per Berlusconi i magistrati rappresentano ciò che gli ebrei rappresentavano per Hitler: razza infame da eliminare, anzi dementi da mandare nei manicomi. Non lo dico io: l'ha affermato lui stesso. Non credo che bisognerà aspettare molto. La soluzione finale è vicina». È vicino anche il sanatorio, se Di Pietro volesse sottoporsi a un comune controllo medico: neppure l'ignoranza può più assolverlo: parliamo dell'uomo che aveva appena paragonato Berlusconi a Videla, un dittatore assassino che fece fuori due generazioni di argentini buttandole dagli aerei. «Neanche sotto il regime fascista si era tentato di infinocchiare l'opinione pubblica con i soldati nelle città. Neanche Mussolini, con le sue otto milioni di baionette, aveva osato tanto». Aspettando approfondimenti, Di Pietro potrebbe cominciare con 20 gocce di Lexotan la mattina presto.

MA QUALE MERCEDES
«Dopo averla tenuta in prova per qualche giorno, mi resi conto che consumava troppo. Perciò non la comprai». Fine della spiegazione: peccato che a contraddirlo ci sia la realtà confortata da tre sentenze da lui inappellate. Leggiamo: si fa riferimento ai favori che un imprenditore inquisito per bancarotta, Giancarlo Gorrini, fece al magistrato, e si legge di «sistematico ricorso di Di Pietro ai suoi favori», dunque «Nel 1990 Gorrini aveva poi ceduto a Di Pietro (...) un'auto Mercedes 300 CE, provento di furto già indennizzato dalla compagnia assicuratrice Maa, per un importo di circa 20-25 milioni a fronte di un valore dell'auto di circa 60 milioni».

L'auto era stata rivenduta dopo 2/3 mesi da Di Pietro, il quale aveva trattenuto la somma percepita per la vendita. «I fatti si erano realmente svolti ed alcuni rivestivano caratteri di dubbia correttezza, se visti secondo la prospettiva della condotta che si richiede a un magistrato». La stessa sentenza spiega che l'auto fu rivenduta all'avvocato Giuseppe Lucibello per 50 milioni; i soldi furono restituiti con assegni circolari emessi nel maggio 1994 ma incassati in novembre, poco prima delle dimissioni. Di Pietro si stava ripulendo.

IL PRESTITO, I PRESTITI
Di Pietro, nel libro, ammette di aver ricevuto un prestito da cento milioni ma precisa di non averli restituiti «con banconote avvolte in carta di giornale, li ho restituiti con assegni». Anzitutto: di quale prestito parla? Dei cento milioni senza interessi ottenuti dall'inquisito Gorrini? O degli altri cento senza interessi ottenuti dall'imprenditore inquisito Antonio D'Adamo? Senza contare le altre periodiche buste di contanti, le case, i vestiti, i lavori per il figlio e per la moglie, la Lancia Dedra per la moglie, i telefonini, una libreria, persino uno stock di calzettoni al ginocchio.
Anche questo è tutto a sentenza, e difficilmente il Csm l'avrebbe perdonato... segue