mercoledì 12 ottobre 2011

Non è tutto oro quello che luccica in Parlamento

C’è il giochetto Giachetti dietro il flop del governo sulla legge di bilancio
  
 Lo chiameremo “il giochetto Giachetti” e sotto questo titolo siamo in grado di spiegare gli aspetti più cialtroni che hanno creato martedì pomeriggio a Montecitorio il caos e l'illusione che il governo fosse andato sotto politicamente, anziché con un trucco e su una questione di pura ratifica notarile: l’approvazione della legge di bilancio che è un atto dovuto del parlamento e del  governo.
Premessa e mea culpa: io sono uno degli assenti al voto di ieri avendo dovuto correre al pronto soccorso con un figlio che si è fatto male giocando a pallone e avendo poi avuto la sventura aggiuntiva di un taxi bloccato a piazza San Silvestro per i lavori stradali. D’accordo, tutte cose che non dovrebbero capitare, ma che invece capitano. Sono arrivato trenta secondi dopo la chiusura del voto, così come è successo a Umberto Bossi che stava fumando un sigaro fuori nel cortile del Transatlantico e che poi ha perso tempo con un giornalista. Si dirà: ma perché Bossi invece di restare in aula, si trovava in cortile a fumare? Giusta domanda.
La risposta è: per il trucchetto di Giachetti, che adesso racconterò. La premessa necessaria è che l’aula si riempie e si svuota secondo se ci sono o no votazioni in corso: nel Parlamento italiano è permesso infatti agli oratori di ammannire i loro avvocateschi e vanitosi pistolotti retorici per dieci e anche quindici minuti, motivo per cui quando si svolge la prolissa e prolassata “discussione generale” molti deputati ne approfittano per un caffè, una sigaretta, una corsa al bagno.
E’ normale, è sempre stato e sempre sarà così, almeno finché non si ridurrà il tempo degli interventi a due minuti, massimo tre, come avviene nei Parlamenti seri. Martedì dunque il colpaccio di Giachetti è consistito nel far credere che si sarebbe andati per le lunghe con le chiacchiere, per poi far scattare la trappola in cui alcuni deputati di maggioranza sono caduti come polli, malgrado la presenza fisica di Berlusconi che aveva fiutato l’inganno ed era venuto in aula a votare, per poi uscire fumante di rabbia voltando con disprezzo la schiena a Tremonti che non aveva votato.
Ma il giochetto di Giachetti è riuscito. Roberto Giachetti è il vice-capogruppo del Partito democratico, è un deputato abilissimo e un vero enfant prodige dei tecnicismi parlamentari, colui che prepara le imboscate, usa tutti i trucchi e se ne frega della vera politica: è un commando, un organizzatore di truppe speciali per effetti speciali. Quel che ha combinato martedì, lo ha lui stesso candidamente raccontato. Ecco che cosa ha combinato: ha scelto tre colleghi del PD (selezionati in accordo con il suo collega in furbizie Emilio Angelo Quartiani) ed ha costruito il suo cavallo di Troia. Ho chiesto cioè ai deputati del suo partito Boccia, Rosato e Tocci di uscire e nascondersi. Quindi ha chiesto al Presidente della Camera se poteva discutere almeno per un’altra ora prima del voto, diffondendo l’impressione di tirarla per le lunghe. La conseguenza, ma direi il riflesso condizionato è stato che un buon numero di parlamentari è uscito dall’aula pensando di rientrare al momento del voto. “A quel punto”, gongola Giachetti, “ho fatto rientrare i tre colleghi che avevo nascosto e ho chiesto che si passasse al voto. In quella concitazione non tutti hanno fatto in tempo a rientrare in aula, e in questo modo abbiamo mandato sotto il governo”. Complimenti, Giachetti, sembri davvero De Gasperi, Cromwell, Gobetti, Gramsci, Einaudi. Ma forse di più, direi, anche Oudini, Silvan, David Copperfield, e soprattutto il callido Ulisse del cavallo di legno.
A che servivano infatti i tre deputati nascosti nella pancia del cavallo di Troia? A creare un’illusione sul numero dei presenti nella prima votazione dove il PD mostrava sul tabellone tre voti in meno di quanti ne avesse realmente. Poi il gioco delle tre carte e il governo battuto. Conseguenza immediata: urla e schiamazzi, dimissioni, Berlusconi vada al Quirinale, Champagne a sinistra e su tutti i giornali che aspettano qualsiasi imboscata e incidente per dichiarare morto un governo che se la passa male ma che è ancora vivo e abbastanza vegeto.
A me, lo dico con sincerità, è venuto un colpo: è mancato un voto che per la mia coscienza era il mio. Certo, ognuno dei quasi trenta deputati assenti può dire la stessa cosa, ma bisogna distinguere fra chi ha agito di proposito, chi si è fatto fregare dai giochetti di Giachetti, chi come me ha avuto un doppio contrattempo.
Certo, resta la questione Tremonti, che non ha votato, come non ha votato Scajola insieme al liberale storico Antonio Martino. Di Bossi e del suo sigaro abbiamo già detto e infatti il Senatùr ha subito minimizzato dichiarando che non è successo niente: niente di politico: una giornata di giochetti di Giachetti,e niente di più. Ma è vero che Tremonti e Scajola hanno, come si dice in gergo, “dato un segnale”? O anche loro erano distratti, uno si allacciava le scarpe e l’altro faceva il solitario col telefonino? Bisognerebbe chiederlo a loro. Certo è che dal punto di vista scenico, dell’apparire, delle urla e dei titoli di giornale, il governo ha preso una bella botta. Ma ci sembra che non sia avvenuto nulla di politico: a mio parere, di testimone e di sfortunato protagonista, direi che la cosa più “politica” è il senso di sfilacciamento, di distrazione, di sbadiglio e distacco che si respira nell’aula, nelle Commissioni e nei corridoi, perché tutti pensano ad altro. E questo dipende da un logoramento che a sua volta dipende dalla depressione politica.
Nessuno ha più entusiasmo, nessuno si aspetta più il colpo d’ala, tutti pensano al dopo, alla fine, al nuovo inizio, alla paura di non essere più eletti, alla necessità di apparire in movimento, in dissenso, in nervosismo. La politica non c’è. Per questo sarebbe utile un colpo di cannone e un rullo di tamburi. Che so, Berlusconi fa chiedere direttamente da Napolitano a Mario Monti di fare un sacrificio e mandarlo alla Banca d'Italia chiudendo così un altro capitolo demenziale, perché Monti è più milanese di tutti e che Bossi potrebbe soltanto essere contento, dal momento che Monti è anche presidente della più prestigiosa università italiana, la Bocconi. Certo, non potrebbe chiederglielo Berlusconi, ma Napolitano  d'accordo con Berlusconi e sarebbe un colpo d’ala per l’Italia e per l'Europa, visto anche che lo stesso Berlusconi mandò alla Commissione europea nel suo primo governo proprio gente del calibro di Mario Monti ed Emma Bonino. E soltanto un esempio di quel che si potrebbe fare sul piano dell'immagine.
Oppure, Berlusconi potrebbe preparare una forte dichiarazione ideologica liberale da amministrare e concordare con il liberale Antonio Martino, accompagnata da forti iniziative in Europae nel mondo: ha fatto una pessima impressione il fatto che la nave italiana catturata dai pirati somali sia stata liberata, senza spargimento di sangue, da commando inglesi anziché dagli italiani.
Come insegna Giachetti con i suoi giochetti, occorre talvolta saper costruire bene i trucchi di scena, i baffi finti, la donna cannone, per impressionare i cittadini, agitarli con parole reboanti e senza senso, ma che ripetono l’eterno Dna dell'ammuina borbonica: apparire anziché essere, barare anziché giocare, piagnucolare quando ci si fa male e diffamare co la calunnia l’avversario senza avere la forza e il coraggio di batterlo sul terreno delle cose. Il governo potrebbe, se volesse, dare prova di una differenza di stile.
Ce ne sarebbero di cose da fare in quest'anno e mezzo che ci separa dalle elezioni del 2013, perché, stando al calendario, ai numeri e ai fatti, questo governo è condannato a restare in carica per mancanza, oltre tutto, di alternativa politica, numerica e programmatica. Dunque, forza e coraggio, uscite dalla depressione e fate vedere al Paese che la politica intende riconquistare la dignità infangata dando risposte visibili ai problemi e al panico artificiale alimentato dai furbi giocatori delle tre carte e dai loro compari.


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