sabato 29 maggio 2010

La cricca delle Coop che boicotta Israele

È uscito da poco un libro che spiace non sia stato ancora tradotto in italiano: si chiama The Israeli Teste l’autore, George Gilder, sofisticato economista che gode di fama internazionale, spiega che il mondo deve a Israele in termini di scienza dell’agricoltura, medicina, software, una prodigiosa, inverosimile quantità di gratitudine. Il mondo sarebbe molto peggiore senza l’aiuto di questo piccolo Paese impegnato nella sua quotidiana lotta di sopravvivenza. C’è chi lo capisce, ed ha così superato l’Israeli test. Ma molti di più invece, poiché ottusi dall’ideologia, non sono in grado di superare l’esame: è il caso delle Coop, il consorzio nazionale delle cooperative di consumatori, e della Conad che piamente hanno ieri piegato la fronte sotto le pressioni di un gruppo di Ong e associazioni varie che hanno chiesto loro di boicottare i prodotti israeliani agricoli importati dalla società Agrexco, perché lo 0,4% di questi prodotti, non contrassegnato col marchio dei lebbrosi come nei sogni delle Ong, potrebbe invece provenire dai Territori della Giudea e della Samaria.
Questo ha reso agli occhi dei fanatici delle Coop e della Conad indispensabile gettare giù dagli storici scaffali delle Coop tutti quanti i prodotti israeliani. Non ha importanza, come vorremmo che dicesse ad alta voce ai suoi amici delle cooperative rosse Bersani, che per coltivare quella frutta e quella verdure da sessant’anni gli israeliani, tutti gli israeliani, si sono spaccati la schiena senza risparmio, che hanno insegnato a tutto il mondo come irrigare a goccia, dare lezioni su come far fiorire di prodotti indispensabili persino il deserto.
Che importa di fronte a un mostro detto colono che, qualcuno forse se lo ricorda, a Gaza, lasciò le sue serre piene di fiori e pomodori ciliegia, ed esse furono consegnate ai palestinesi e immediatamente fatte a pezzi dalla rabbia di Hamas. I coltivatori del West Bank per la Coop devono crepare di fame con le loro famiglie come i contadini ucraini ai tempi di Stalin. I prodotti israeliani sono inquinati per le cooperative di «violazioni dei diritti umani», come dicono quelli del gruppo «Stop Agrexo»: ma sarebbe interessante sapere se per i prodotti cinesi, e che so, di molti paesi orientali, del Medio Oriente e dell’Africa viene fatto lo stesso esame «diritti umani». Altrimenti c’è da pensare che qualcosa non vada proprio con Israele. Il «direttore qualità» della Coop dottor Mario Zucchi afferma di «avere esaminato con attenzione» la richiesta del gruppo che in occasione della «Giornata della Terra» ha «coordinato la sua azione» in vari supermarket della Coop e della Conad: ne fanno parte le ong Attac, Pax Christi, Federazione della Sinistra, Fiom Cgil, Forum Palestina, Un Ponte Per (quello delle due Simone) e non possono mancare anche due gruppi di ebrei antisraeliani, sempre utilissimi, l’Eco, ebrei contro l’occupazione, e le Donne in Nero. In genere tra le lobby contro i rapporti fra Ue e Israele e per il disinvestimento ci sono attivisti che non dormono mai, boicottatori full time che si dedicano a una continua campagna di delegittimazione di Israele accusato di tutti i peggiori crimini, apartheid, crimini contro l’umanità... il fine ultimo è la cancellazione dello Stato ebraico.

C’è chi non ha voglia di rendersene conto, ma la sinistra italiana più rocciosa si è da tempo avventurata su questa strada, è storia vecchia. Ma che le grandi, storiche catene di supermarket si alleassero al crimine di condannare simbolicamente e teoricamente Israele a morire di fame, è una penosa novità. Oltretutto boicottare coerentemente Israele significa buttare alla spazzatura una valanga di invenzioni indispensabili. Chi ha il coraggio, per restare alle scoperte recenti, butti quella dell’esame del sangue che classifica per curarla la sclerosi multipla, il congegno che ristora l’uso di arti paralizzati, la nuova invenzione che aiuta i bambini con disturbi gravi a respirare nel sonno, le recenti cure dell’Alzheimer, la riparazione del Dna, l’eliminazione delle manifestazioni del Parkinson. Se si vuole boicottare Israele con coerenza bisogna eliminare il telefonino, i cui moderni miglioramenti sono figli della sede israeliana della Motorola, e anche il computer, i cui stupefacenti sviluppi sono stati pensati dalla Intel in Israele... e questo è un piccolo spicchio della realtà. Avanti dunque ai boicottatori, che la Coop e la Conad restino nel mondo della menzogna sinistrese, sudi loro permane la vergogna di aver disprezzato il contributo irrinunciabile che Israele dà al mondo.

di Fiamma Nirestein, 25/05/2010 [Fonte]

giovedì 27 maggio 2010

Signori parlamentari, ma quanto ci costate!
di Sandro Orlando

Al voto per l'approvazione dell'ultima Finanziaria non c'era, a quello sullo scudo fiscale neanche, e nemmeno durante il dibattito sulla proroga delle missioni internazionali o l'esame della legge sul terremoto in Abruzzo s’è fatto vedere. Per non parlare della legge sul reato di clandestinità o la riforma del federalismo fiscale: di Antonio Gaglione non c’è stata quasi mai traccia in aula, negli ultimi due anni.
Tant'è che del parlamentare pugliese, già sottosegretario alla Sanità dell'ultimo governo Prodi, cardiologo e docente universitario con la passione per gli abiti da sera e i papillon, eletto con il Pd e poi espulso a causa del suo record di assenze, gli archivi della Camera ricordano poche iniziative: otto disegni di legge come cofirmatario, di cui uno «per la promozione e la diffusione della cultura scientifica dell'area umanistica», e quattro mozioni di cui una sui lavori usuranti.
E si perché in questa prima metà di legislatura l’onorevole taglione si è distinto per aver marinato il 93 per cento delle sedute. Su quasi 6 mila votazioni in aula lui è risultato esserci in poco più di 400. E tenuto conto che tra indennità parlamentare, diaria e rimborsi vari, spese di trasporto e telefono, contributi sanitari, assegni di fine mandato e vitalizi, un deputato costa allo Stato quasi 22 mila euro lordi al mese, ovvero all'incirca 260 mila euro l'anno, ogni volta che il professor Gaglione si è sottoposto alla «violenza» di una sua presenza a Montecitorio pigiando un pulsante per qualche secondo, questo è costato ai contribuenti italiani la bellezza di 1.173 euro.
Non è stato molto più diligente Niccolò Ghedini, l'avvocato del premier che in due anni ha mancato quasi tre appuntamenti parlamentari su quattro, senza rinunciare però mai alla partecipazione a una puntata di Annozero, segnalandosi per una manciata di disegni legge, mozioni ed emendamenti, tra cui un progetto per la valorizzazione della Reggia di Caserta e uno per il recupero del monastero di San Giovanni Battista sul Monte Venda (Padova).
Alle spalle di Ghedini, in questa classifica dell'assenteismo che il settimanale Oggi ha realizzato incrociando i dati delle votazioni in aula con quelli delle retribuzioni parlamentari, troviamo un altro deputato pugliese, l'on. Antonio Tanoni del PdL, che tra le (rare) iniziative di cui può andare fiero, vanta un'interpellanza per il finanziamento del programma nazionale per le ricerche in Antardide. Più internazionale invece l'interesse dell’on. Mirko Tremaglia, che nelle sue episodiche apparizioni a Montecitorio si è distinto come co-firmatario di una mozione in favore del Congo e di un'altra per la ricostruzione in Afghanistan.
Nonostante si veda raramente (27 per cento scarso di presenze), l'editore (Libero, Il Riformista) e imprenditore della sanità privata Antonio Angelucci, sempre del PdL, si è messo in luce per la sua attività parlamentare con più di una quarantina tra disegni di legge, mozioni e interpellanze, tra cui anche una proposta per l'istituzione dell'albo professionale delle estetiste, gli «onicotecnici» e i tecnici dell'abbronzatura artificiale. Il presidente della Camera Gianfranco Fini lamenta il fatto che i suoi colleghi lavorano poco (la media è di 16 ore a settimana per i deputati e 7 per i senatori). Ma alla fine quello che conta è il risultato dell'attività legislativa. Ed è proprio questo il dramma.
• da Oggi del 26 maggio 2010

Un'altro scandalo italico dui cui non frega nulla a nessuno!

Quale commento scrivere nell'apprendere questa notizia?
Una sola può bastare: altra immane schifezza.
Indegna schifezza che prova il perché conviene fare i politicanti all'italiana.
Non era il partito del rigore quello di Pannella e C. che fece la farsa di restituire il finanziamento pubblico che ebbe, ma non quello che prendono tutti mesi?
A conclusione di questo ciclo di post, pubblicherò l'inchiesta del settimanale OGGI sul case dei politicanti italici.

La pensione scandalo di Toni Negri 


di Renato Nicodemo

Toni Negri percepisce per soli 64 iorni da parlamentare del Partito Radicale (fu candidato dai suoi sodali per farlo scappare all'estero!) la pensione di 3.100 euro mensili, pari a quella di un dirigente di quinta fascia con 50 anni di servizio. I Radicali sono veri ladri di danaro pubblico, perché una volta eletto uno di loro si dimetteva dopo poco per far subentrare un altro e così via per rubare pensioni allo Stato. E pensare che c`è qualcuno che vorrebbe il capo di questa banda, Marco Pannella, addirittura senatore a vita!

[FONTE] Lettere da Libero del 26 maggio 2010 

Questo il risultato del referendum per l'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti!









Il Partito comunista italiano dovette vendere le Botteghe oscure perché i suoi debiti, causati dall'apparato elefantiaco, erano diventanti una somma impronunciabile: MILLE MILIARDI DI VECCHIE LIRE. 

Ma ormai non lo ricorda più nessuno.

La discesa in campo del miliardario Berlusconi non è neanche servita ad impedire che si facesse scempio della volontà popolare che, col referendum per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, votato dagli italiani con una maggioranza alla "bulgara", volevano che i partiti vivessero con i soli introiti dei loro sostenitori e simpatizzanti. 
Come avviene nei paesi a democrazia realmente concreta e non astratta e parolaia come da noi
Adesso il PD, ex PCI, è in attivo di molte decine di milioni di euro, somma che sta provocando malumori con gli ex DC della Margherita.
Per non parlare dell'Italia dei valori dell'ex tutto Di Pietro, ormai ricco come un piccolo Creso.
Il tutto senza rendere conto a nessuno. 
Ma i partiti sono sempre più ricchi







di SERGIO RIZZO
 Se per dare un giudizio dell’affidabilità dell’Italia i mercati utilizzassero la dinamica del finanziamento pubblico ai partiti anziché quella degli stipendi del pubblico impiego, allora non avremmo davvero speranza. La speculazione ci avrebbe già fatti a pezzi prima della Spagna, del Portogallo, della Grecia e dell’Irlanda, ovvero i Paesi che ci precedono nella graduatoria della crescita delle retribuzioni pubbliche. Mentre fra il 1999 e il 2008 queste aumentavano in Italia, secondo l’Ocse, del 42,5%, gli incassi dei nostri partiti si moltiplicavano addirittura per undici: + 1.110%. Grazie a due colpi da maestro. Il primo nel 1999, quando i «rimborsi elettorali», la formula ipocrita con la quale si chiama adesso il vituperato finanziamento pubblico abrogato per finta dal referendum del 1993, furono portati in un sol colpo da 800 a 4 mila lire. II secondo nel 2002, quando si passò da 4 mila lire a 5 euro a legislatura (1 euro l’anno) per ogni italiano iscritto alle liste elettorali di Montecitorio: 5 euro per la Camera, 5 per il Senato, 5 per le europee e 5 per le regionali. Totale, 20 euro a cranio per ogni quinquennio, indipendentemente da quanti davvero vanno a votare. E siccome gli iscritti alle liste elettorali di Montecitorio sono 50 milioni tondi, la bolletta che gli italiani pagano ai partiti ha raggiunto la cifra stratosferica di un miliardo di euro per cinque anni: 200 milioni l’anno. Con l’aggiunta di un simpatico bonus, introdotto, anch’esso alla chetichella, nel 2006. Nel caso di fine anticipata della legislatura, infatti, i contributi elettorali continuano a correre. Per il triennio che si conclude nel 2011, quindi, razione doppia per Camera e Senato. E invece di 200 milioni, eccone 300. Almeno sulla carta, perché c’è stato un taglio di cassa del 10%. Che ha provocato (l’avreste detto?) anche qualche vergognoso mugugno. Per capire quanta ipocrisia abbiano messo nell’aver chiamato «rimborsi» questo fiume di denaro, basta leggere che cosa ha ripetutamente scritto la Corte dei conti nei suoi referti sulle spese elettorali, sottolineando come non esista alcuna relazione fra le somme spese per le campagne elettorali e quello che lo Stato dà ai partiti. Ma ben più eloquenti sono i numeri. Nel 1996 un partito come Forza Italia aveva speso per la campagna elettorale, considerando anche la Casa delle Libertà, 4 milioni 90.563 euro. Dieci anni più tardi, la spesa era arrivata a 62 milioni 490.854 euro: +1.427%. E i «rimborsi»? Da 14 milioni 707.526 a 128 milioni 42.335 euro: +770%. Se nel 1996 il partito di Silvio Berlusconi si era messo in tasca, puliti, lo milioni 616.963 euro, cioè la differenza fra la le spese e i «rimborsi», dieci anni dopo l’«utile» era salito a qualcosa come 65 milioni 551.481 euro. Due anni più tardi, nel 2008, con spese elettorali cresciute ancora del 10%, i rimborsi spettanti al Popolo della Libertà sono schizzati a 206 milioni 518.945 euro. Con un «utile» astronomico: 138 milioni 43.803 euro. Non che le cose siano andate peggio alla sinistra, nonostante l’ultima batosta elettorale. Secondo i dati pubblicati nel referto della Corte dei conti sulle politiche 2008, il Partito democratico di Walter Veltroni aveva investito in tutta la campagna elettorale 18 milioni 418.043 euro, meno di un terzo del Popolo della Libertà. Acquisendo però il diritto a incassare una somma dieci volte superiore a quella investita: 180 milioni 231.506 euro. Cifra che ha perciò garantito a sua volta al Pd un «utile» ancora maggiore di quello del partito di Berlusconi:161 milioni 813.463 euro. A conti fatti, le elezioni politiche del 2008 riverseranno nelle casse dei partiti introiti «puliti» per 367 milioni di euro. Ovvero la differenza fra 136 milioni di spese e 503 milioni di «rimborsi» per Camera e Senato, spalmati su cinque anni. Per ogni euro sborsato, dunque, ne sono tornati indietro quattro. Gli effetti di questo andazzo sono fin troppo facilmente intuibili. A cominciare dagli apparati di alcuni partiti, i quali hanno potuto evitare la pesante dieta dimagrante che si era profilata dopo il 1993. Per proseguire con l’abnorme incremento delle spese elettorali, che hanno raggiunto livelli senza precedenti. E finire con il risanamento di alcune difficili situazioni finanziarie. Se la pesante esposizione (si parla di 500 milioni di euro) di cui i Democratici di sinistra si erano fatti carico accollandosi i debiti dell’Unità si è ridotta a meno di un terzo, il merito è anche di quei generosissimi contributi. Che consentono oggi anche al Partito democratico, unica formazione politica ad avere un bilancio certificato, di chiudere i conti con un attivo di una quindicina di milioni. Per non parlare di altri «tesoretti» sulla cui destinazione si è discusso a lungo, ma senza costrutto: per esempio i «rimborsi» elettorali a cui hanno avuto diritto ancora sia i Ds sia la Margherita dopo la nascita del Pd. Certo, ci sono anche situazioni dove i soldi non bastano mai. Forza Italia, per esempio, era arrivata nel 2006 a essere esposta per 157 milioni di euro con le banche. Garantiti da una fidejussione personale del Cavaliere. Per avere un’idea di quanto pure la dimensione economica di quel partito fosse personale, si consideri che nei conti c’era anche un debito di 14 milioni e mezzo con la Dolcedrago, società del premier che controlla la Immobilare Idra, cassaforte nella quale sono custodite le ville di Arcore e Macherio, le proprietà sarde, la casa romana nella zona dell’Appia Antica dove abita Franco Zeffirelli, e altre ancora. Possiamo immaginare la sofferenza dei tesorieri se davvero la minaccia di Giulio Tremonti, di tagliare i «rimborsi» da 5 euro a 2 euro e 50 per ogni legislatura e per ogni tornata elettorale, dovesse andare in porto. Si consolino comunque: pure dimezzati, i finanziamenti pubblici sarebbero pur sempre ancora più alti di quelli che toccano ai partiti di altri Paesi europei. Come Francia e Spagna.

NdB: E quando mai Tremonti taglierà questo sperpero. Deve prima passare sul cadavere di Bossi.


Qui diseguito,  invece, due anticipazioni sul nuovo libro di Rizzo che tratta lo stesso argomento di questo post. 
Argomento che gli Italiani dimenticano sempre, e quindi pubblico in chiusura alcuni link per rinfrescare la memoria, considerato che si parla di migliaia di miliardi ben evidenziati in questo specchietto:



La Cricca. 
Perché la repubblica italiana è fondata sul conflitto d'interessi.
di Rizzo, Sergio

Perché in Italia, quando si nomina il conflitto d’interessi il pensiero corre subito a Silvio Berlusconi, al suo strapotere televisivo, alle leggi ad personam, ma il Cavaliere è solo l’ultimo erede di un sistema consolidato, che comprende tutti. Un’inchiesta senza peli sulla lingua nel paese dove il confine fra l’interesse di tutti e gli affari di pochi ormai non esiste più --- Lo scandalo che ha coinvolto i vertici della Protezione civile ha acceso i riflettori su un gruppo di affaristi, imprenditori, magistrati, funzionari e familiari di una compagnia male assortita, che gestiva appalti pubblici in un micidiale coacervo di conflitti d’interesse. Un intreccio sfrontato, portato avanti con la consapevolezza dell’impunità. I casi si sprecano: magistrati che si arricchiscono con gli arbitrati, rettori universitari che amministrano gli atenei come beni di famiglia, imprenditori finanziati da banche di cui sono azionisti, società di brokeraggio presiedute dai loro clienti, medici che diventano strumento per aumentare i profitti delle case farmaceutiche, deputati e senatori che piegano con destrezza le leggi ai loro disegni. Per farsi la pensione d’oro, sistemare una fabbrica, assumere qualche amico, basta un provvedimento ad hoc… Nella giungla di enti, ministeri, aziende statali e parastatali e ordini professionali si annida una classe dirigente abituata a usare il Paese per fare gli affari propri. 

La Cricca

Centotredici parlamentari con doppi, tripli e quadrupli
incarichi, un politico alla presidenza di una
banca che finanzia i suoi amici, funzionari pubblici e imprenditori
con mogli e figli soci in affari, l’assessore alla
sanità che vende apparecchiature mediche agli ospedali,
il capo di una compagnia statale che diventa presidente
della società privata di cui è cliente, avvocati di destra e
di sinistra che litigano in tribunale ma poi in parlamento
fanno le leggi insieme, il figlio del ministro che apre una
ditta nel settore controllato dal ministero di papà…

STIMA SPARTIZIONE RIMBORSI ELETTORALI PER I PROSSIMI 5 ANNI

Tenendo conto che nel 2009 vi sono state  le elezioni europee, nel 2010 quelle regionali e nel 2013 nuovamente le politiche [sempre escludendo altre elezioni anticipate], abbiamo cercato di stimare l’ammontare dei rimborsi elettorali che dovrebbero essere incassati dai partiti nei prossimi cinque anni. 

Spartizione rimborsi elettorali 2008-2013 dei partiti, quota per elezione:

PDL (Partito della Libertà) 745 milioni di euro; 

PD (Partito Democratico) 654 milioni di euro; 

Lega Nord 161 milioni di euro;

CASINI UDC 120 milioni di euro; 

DI PIETRO IDV 85 milioni di euro

MPA di R.Lombardo 16 milioni di euro;

RIFONDAZIONE Comunista: 13 milioni di euro SENZA ESSERE RIUSCITO A PRENDERE IL QUORUM ALLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE DEL 2008! Quindi a che titolo prende il rimborso? E poi hanno il coraggio di parlare del conflitto d'interesse degli altri, Berlusconi in testa.

PDC: 4 milioni di euro SENZA ESSERE RIUSCITO A PRENDERE IL QUORUM ALLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE DEL 2008!

VERDI: 4 milioni di euro SENZA ESSERE RIUSCITO A PRENDERE IL QUORUM ALLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE DEL 2008!

LA DESTRA: 3 milioni di euro SENZA ESSERE RIUSCITO A PRENDERE IL QUORUM ALLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE DEL 2008!

SOCIALISTI: 2,800 milioni di euro SENZA ESSERE RIUSCITO A PRENDERE IL QUORUM ALLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE DEL 2008!

IN.DEMOCRATICA: 2 milioni di euro SENZA ESSERE RIUSCITO A PRENDERE IL QUORUM ALLE ULTIME ELEZIONI POLITICHE DEL 2008! _________________________________________ 
Totale:  1 miliardo 809,   800 

Partito rimborsi elettorali quota x elezioni sottopolitica altro in milioni di euro:

PDL (Partito della Libertà) 745-- 298-- 240-- 207

PD (Partito Democratico) 654 - 261 - 210 - 183

Lega Nord 161 - 64 - 58 - 40

CASINI UDC 120 - 48 - 40 - 32

DI PIETRO IDV 85 - 34 - 30 - 21

MPA di R.Lombardo 16 - 6 - 6 - 4

RIFONDAZIONE 13 - 5 - 6 - 2

PDC 4 - 2 - 1 - 1

VERDI 4 - 2 - 1 - 1

LA DESTRA 3 2 0,5 0,5

SOCIALISTI 2,800 2 0,4 0,4

IN.DEMOCRATICA 2 - 2 - * - *

Da quest'ultima tabella risulta che i rimborsi elettorali vengono impiegati dai partiti solo per il 40 per cento per far fronte a spese elettorali effettive. Il resto viene spartito equamente tra costi della sottopolitica ed altro. Peraltro il finanziamento della campagna elettorale non è limitato allo stretto periodo previsto per le elezioni, ma a tutto l’arco dei cinque anni, e non è sottoposto a controlli sulle effettive uscite.
Si tratta quindi di un comportamento in stridente contrasto con la volontà popolare che si è espressa con il referendum, un persistente inganno della buona fede degli elettori,un escamotage per autoalimentarsi come struttura burocratica di potere e clientelismo.
Non bisogna dimenticare che si tratta del denaro diretto che loro signori prendono con la legge che si sono fatti su misura, "adeguandola al costo della vita" più volte nel corso degli ultimi dieci anni. A tutto questo mare di denaro pubblico va aggiunto tutto l'altro fiume carsico di euro che prendono indirettamente: finanziamento ai giornali di partito, alle televisioni e radio di partito, auto blu, scorte inutili e prebende varie. 

[FONTE] Aprile 2008

Altri link utili alla memoria:





La pensione scandalo di Toni Negri

Cosa dire di questa aberrante notizia che prova il vero ed unico motivo che spinge alcune decine di migliaia di connazionali a fare i politicanti, oltre al fatto che non hanno voglia e competenze per lavorare come il resto degli italiani?

 La pensione scandalo di Toni Negri
di Renato Nicodemo

Toni Negri percepisce per soli 64 giorni da parlamentare del Partito Radicale (fu candidato dai suoi sodali per farlo scappare all'estero!) la pensione di 3.100 euro mensili, pari a quella di un dirigente di quinta fascia con 50 anni di servizio. I Radicali sono veri ladri di danaro pubblico, perché una volta eletto uno di loro si dimetteva dopo poco per far subentrare un altro e così via per rubare pensioni allo Stato. E pensare che c`è qualcuno che vorrebbe il capo di questa banda, Marco Pannella, addirittura senatore a vita!

[FONTE} Lettere da Libero del 26 maggio 2010 

P.S.: una vocina maligna mi suggerisce che Negri sia stato uno dei grandi amori di Pannella!  Sarà vero? 
Viste le premesse è possibile che lo sia. 

E non dimentichiamoci di Ilona Staller, in arte Cicciolina, che sarà un'altra pensionata di lusso a nostre spese, grazie sempre al bisessuale Pannella. Non è che i suoi gusti sessuali abbiano influito sulle sue scelte?

Senza commento!

Crozza è molto meglio del comico Bersani 
di Giancarlo Testi

Quando vedo gli esponenti dell'opposizione e della stampa che protestano contro il d.d.l. sulle intercettazioni, col bavaglio davanti alla bocca, mi ricordano le pagliacciate di Marco Pannella.
Si confonde la libertà di stampa con quella di calunnia per rovinare persone e famiglie con pettegolezzi o frasi estrapolate da intercettazioni telefoniche. Si attaccano a tutto pur di dimostrare che Silvio Berlusconi è un despota. Continuano imperterriti a prevedere catastrofi e fingono d'essere preoccupati per le sorti del Paese, ma nel loro intimo gioiscono nella speranza di ricuperare qualche consenso. Il tutto condito dall'ironia da quattro soldi di Pierluigi Bersani. In questo ruolo è molto più credibile il comico Maurizio Crozza. Se questo è il programma per l'alternativa di governo sono messi proprio male.

[FONTE] LETTERA da Libero del 26 maggio 2010

Con questa casta di politicanti diventeremo mai una vera democrazia?

Signori parlamentari, ma quanto ci costate!

 di Sandro Orlando


Al voto per l’approvazione dell’ultima Finanziaria non c’era, a quello sullo scudo fiscale neanche, e nemmeno durante il dibattito sulla proroga delle missioni internazionali o l’esame della legge sul terremoto in Abruzzo s’è fatto vedere. Per non parlare della legge sul reato di clandestinità o la riforma del federalismo fiscale: di Antonio Gaglione non c’è stata quasi mai traccia in aula, negli ultimi due anni.
Tant’è che del parlamentare pugliese, già sottosegretario alla Sanità dell’ultimo governo Prodi, cardiologo e docente universitario con la passione per gli abiti da sera e i papillon, eletto con il Pd e poi espulso a causa del suo record di assenze, gli archivi della Camera ricordano poche iniziative: otto disegni di legge come cofirmatario, di cui uno «per la promozione e la diffusione della cultura scientifica dell’area umanistica», e quattro mozioni di cui una sui lavori usuranti.
E si perché in questa prima metà di legislatura l’onorevole taglione si è distinto per aver marinato il 93 per cento delle sedute. Su quasi 6 mila votazioni in aula lui è risultato esserci in poco più di 400. E tenuto conto che tra indennità parlamentare, diaria e rimborsi vari, spese di trasporto e telefono, contributi sanitari, assegni di fine mandato e vitalizi, un deputato costa allo Stato quasi 22 mila euro lordi al mese, ovvero all’incirca 260 mila euro l’anno, ogni volta che il professor Gaglione si è sottoposto alla «violenza» di una sua presenza a Montecitorio pigiando un pulsante per qualche secondo, questo è costato ai contribuenti italiani la bellezza di 1.173 euro.
Non è stato molto più diligente Niccolò Ghedini, l’avvocato del premier che in due anni ha mancato quasi tre appuntamenti parlamentari su quattro, senza rinunciare però mai alla partecipazione a una puntata di Annozero, segnalandosi per una manciata di disegni legge, mozioni ed emendamenti, tra cui un progetto per la valorizzazione della Reggia di Caserta e uno per il recupero del monastero di San Giovanni Battista sul Monte Venda (Padova).
Alle spalle di Ghedini, in questa classifica dell’assenteismo che il settimanale Oggi ha realizzato incrociando i dati delle votazioni in aula con quelli delle retribuzioni parlamentari, troviamo un altro deputato pugliese, l’on. Antonio Tanoni del PdL, che tra le (rare) iniziative di cui può andare fiero, vanta un’interpellanza per il finanziamento del programma nazionale per le ricerche in Antardide. Più internazionale invece l’interesse dell’on. Mirko Tremaglia, che nelle sue episodiche apparizioni a Montecitorio si è distinto come co-firmatario di una mozione in favore del Congo e di un’altra per la ricostruzione in Afghanistan.
Nonostante si veda raramente (27 per cento scarso di presenze), l’editore (Libero, Il Riformista) e imprenditore della sanità privata Antonio Angelucci, sempre del PdL, si è messo in luce per la sua attività parlamentare con più di una quarantina tra disegni di legge, mozioni e interpellanze, tra cui anche una proposta per l’istituzione dell’albo professionale delle estetiste, gli «onicotecnici» e i tecnici dell’abbronzatura artificiale. Il presidente della Camera Gianfranco Fini lamenta il fatto che i suoi colleghi lavorano poco (la media è di 16 ore a settimana per i deputati e 7 per i senatori). Ma alla fine quello che conta è il risultato dell’attività legislativa. Ed è proprio questo il dramma.
Fonte: Oggi del 26 maggio 2010 

Quando interverrà la UE?

Le aziende concessionarie della telefonia mobile gestiscono un servizio per conto dello Stato, del quale ne devono rispettare leggi e Autorità di vigilanza. 
Ciò premesso mi chiedo: come mai vi è questa disparità e ad accorgersene è sempre la UE e mai i nostri politici e le nostre Autorità?
Ecco quanto si legge in rete:

 UE: regole frammentate per gli operatori di telefonia mobile
“Tariffe molto difformi, limitano la crescita del settore”
La Commissione Europea ha affermato che gli utilizzatori delle reti di telefonia mobile nelle città dell´Unione Europea paghino prezzi molto elevati a causa di una applicazione eterogenea delle regole della EU sulle telecomunicazioni.
Nella foto: la portavoce della Commissione, Neelie Kroes
Il prezzo per una chiamata di un minuto varia dai 0,04 euro della Lettonia fino ai 0,24 euro di Malta. La differenza così netta è figlia di scelte probabilmente errate che hanno influito anche su una crescita zero riportata lo scorso anno.

La portavoce della Commissione, Neelie Kroes, ha affermato che gli Stati Membri devono fare ancora molto per assicurare il rispetto e la propria implementazione delle regole delle telecomunicazioni al fine di garantire la crescita del mercato del mobile broadband. Secondo la Commissione, infatti, alcune nazioni controllano il mercato nel suo complesso mentre in altri casi la regolamentazione è limitata solo alle porzioni reti wired.

mercoledì 26 maggio 2010

La differenza fra le chiacchiere e i fatti reali!

I britannici, per correttezza, o più semplicemente gli inglesi, sono stati l'Impero che dopo quello romano hanno conquistato parte del mondo conosciuto o che lo hanno addirittura scoperto con la loro flotta. Come l'Australia che poi hanno colonizzato.
Ebbene, il nuovo Primo ministro, David Cameron l'aveva detto e l'ha mantenuto.
Quando vedremo i politicanti italiani mantenere le loro promesse fatte in campagna elettorale, COME L'ABOLIZIONE DELLE PROVINCE E DELL'INIQUO BOLLO AUTO?  O rispettare la volontà popolare sancita da un giusto referendum: chi sbaglia paga di tasca sua, ad iniziare dai Giudici!
Ecco quanto riporta l'Irish Time, tradotto dall'inglese:

La Gran Bretagna dice addio alle auto blu

La scelta può dipendere da motivi di stile o da interessi economici, ma la sostanza non cambia: ministri e sottosegretari, in Gran Bretagna, dovranno andare al lavoro a piedi o con i mezzi pubblici.

David Cameron aveva già manifestato da tempo la sua personale intolleranza nei confronti di chi “gira in auto con l’autista come se fosse un membro della faliglia reale”. Ora i ministri potranno avere a disposizione un’auto solo in casi eccezionali (ad esempio quando è necessario trasportare documenti riservati), ma si cercherà di fare il possibile per fare in modo che i funzionari utilizzino le stesse vetture in condivisione.

Una scelta prevedibile per un Premier che ha sempre dichiarato di voler fare di tutto per evitare lo spreco di denaro pubblico e di puntare tanto sulla trasparenza.

sabato 22 maggio 2010

Siamo un popolo malato d'Alzheimer. Siamo senza memoria e non mi riferisco a quella storica, ma alla breve.

Meno male che c'è qualche giovane giornalista che ce la rinfresca, altrimenti appariremmo come un popolo di pazzi ondivaghi e non dei semplici smemorati come nel celebre film di Totò. Posso capire che ognuno tiri l'acqua al proprio mulino, ma farlo in maniera talmete sfacciata da oltrepassare la soglia del ridicolo avviene soltanto da noi. Quasi. Perché il sottosegretario alla giustizia americana che viene a sindacare a casa nostra col suo intervento sul progetto di legge sulle riduzione delle intercettazioni telefoniche, dichiarando che sono:" Strumento essenziale", gli chiedo se egli sappia quante interdettazioni di fanno negli USA e quante se ne fanno in Italia. Gli chiedo anche: la condanna a morte che vige in America è anch'essa strumento essenziale alla giustizia? Era meglio se stava zitto. 
Ecco cosa dicevano i signori politici di sinistra e centro-sinistra quando le intercettazioni riguardavano loro.   

Da D'Alema a Veltroni, quando la sinistra odiava le intercettazioni.
La legge in discussione oggi non piace agli stessi che votarono la legge Mastella

di Filippo Facci

Giuseppe Caldarola, Giuseppe Giulietti, Franco Grillini e Marisa Nicchi, tutti dei Ds; Enzo Carra e Roberto Zaccaria della Margherita; Tana de Zulueta e Roberto Poletti dei Verdi; infine Salvatore Cannavò del Prc. Basta. Tutti gli altri, il 17 aprile 2007, alla Camera dei deputati, votarono tranquillamente la legge Mastella che proibiva la pubblicazione di carte & intercettazioni anche solo per «riassunto», esattamente come si vuole fare oggi. I sì furono 447, i no neanche uno e gli astenuti nove. Quella legge fu sostenuta da tutti i gruppi parlamentari. Ricordiamo che Massimo D’Alema (secondo «la Repubblica» del 29 luglio 2007) commentò così: «Voi parlate di tremila euro, di cinquemila euro... ma li dobbiamo chiudere, quei giornali».

Quella legge fu sostenuta da tutti i gruppi parlamentari. Ricordiamo che Massimo D’Alema (secondo «la Repubblica» del 29 luglio 2007) commentò così: «Voi parlate di tremila euro, di cinquemila euro... ma li dobbiamo chiudere, quei giornali».

Questo non per sostenere che la sinistra avesse una posizione diversa, sul tema: difatti, di posizioni, ne ebbe almeno sei. Posizione numero uno: durante il governo Berlusconi sorto nel 2001, mentre dilagavano le intercettazioni sui furbetti del quartierino e sul governatore Antonio Fazio, la sinistra si disse disponibile a una neo-secretazione delle intercettazioni a mezzo delle multe salatissime proposte dal Guardasigilli Roberto Castelli: l’8 agosto 2005, infatti, il diessino Guido Calci rilasciò un’intervista a Il Giornale in cui denunciava «un vuoto normativo che va colmato al più presto», mentre da capogruppo Ds nella Commissione giustizia si diceva d’accordo con Berlusconi sulla necessità di mettere mano alla normativa che regolava le intercettazioni, pur con una serie di distinguo. La convergenza tra il senatore diessino i sottosegretari Luigi Vitali e Giuseppe Valentino era totale: lo stesso Calvi, nel luglio 2001, aveva presentato un disegno di legge proprio sulla stessa materia (il n. 489) e la proposta di Calvi fu definita dal centrodestra «una buona base di partenza».

Era il periodo in cui il segretario diessino Piero Fassino denunciava un certo «voyerismo mediatico» e invocava «una normativa più adeguata»: ma poi cambiò tutto di colpo. Posizione numero due: in Parlamento approdò un apposito disegno di legge firmato dal guardasigilli Roberto Castelli - siamo all'inizio del 2006 - e la sinistra si disse improvvisamente contraria: c’era la campagna elettorale alle porte. Vinse Romano Prodi, com'è noto, prima che una serie di accadimenti spianassero la strada alla terza progressiva posizione della sinistra sull'argomento: gli arresti del portavoce di Gianfranco Fini, Salvo Sottile, e di Vittorio Emanuele di Savoia, alias vallettoli e calciopoli, un'orgia di intercettazioni sui giornali. L'allora senatore dell'Unione Antonio Polito propose addirittura una commissione d'inchiesta sulla diffusione selvaggia delle intercettazioni (non da solo) e questo per «sanzionare i giornali» e «limitare lo strumento investigativo in mano ai pm»; l'idea fu sottoscritta, tra molti altri, dai diessini Gavino Angius e Tiziano Treu.
Disse Piero Fassino ai microfoni di Sky Tg24, stesso giorno «È chiaro che qui si punta a colpire l'onorabilità del partito e di qualcuno di noi»I Verbali

Il problema è che cominciavano a circolare i verbali con le intercettazioni telefoniche tra alcuni parlamentari diessini e alcuni indagati nelle inchieste sulle scalate Antonveneta, Bnl e Rcs. 
Disse allora il ministro dell’Interno Giuliano Amato (Repubblica, 12 giugno 2007): «Non è possibile che dalle sedi giudiziarie esca tutta questa roba, è una follia tutta italiana». 
Disse Piero Fassino ai microfoni di Sky Tg24, stesso giorno «È chiaro che qui si punta a colpire l’onorabilità del partito e di qualcuno di noi». 
Disse il presidente della Camera Fausto Bertinotti, sempre quel giorno: «C'è un problema in termini nuovi, ci sono distorsioni nel sistema».
Ed è su questa quarta posizione, la più decisa e sostenuta, che entra in scena il ministro della Giustizia Clemente Mastella: il 28 luglio propone un disegno di legge di 15 articoli che sembrava una dichiarazione di guerra.

Tra i propositi: multe da 5mila a 60mila euro; divieto totale di pubblicazione degli atti - anche se solo riassunti - sino alla conclusione delle indagini preliminari; fascicolo del pm segretato sino alla sentenza d'appello; limiti temporali alla possibilità d'intercettare. Eccetera.

È qui che secondo Repubblica s'inserisce la citata frase D'Alema, così completata: «Ci sono stati episodi scandalosi in cui materiale senza nessuna attinenza con l'inchiesta è andato a finire sui giornali. E anch'io ne sono stato vittima».

Le polemiche continuarono e il provvedimento venne limato e ri-limato. 
Mario Pirani, su Repubblica, si spinse a scrivere: «Se Berlusconi dettava leggi ad personam, qui siamo di fronte a una legge ad personas, intesa cioè nell'interesse della classe politica». Passata l'estate, questa quarta posizione della sinistra continuò a essere condivisa anche dal centrodestra (c’era divergenza solo sull’entità di multe e sul periodo di detenzione per chi avesse sgarrato) ma occorse attendere sino all’aprile 2007 prima di andare al voto. I voti li abbiamo visti. S'indignarono solo il solito Di Pietro e vari portavoce come Marco Travaglio, che scrisse: «Esiste una vasta gamma di comportamenti che, pur non costituendo reato, restano riprovevoli o comunque interessanti e devono giungere alla conoscenza dei cittadini». A sinistra, in compenso, l’onorevole Lanfranco Tenaglia della Margherita definì la legge «un punto di equilibrio alto e nobile» al pari di Gaetano Pecorella (Forza Italia) che parlò di «buona riforma varata col contributo dell'opposizione». Poi vabbeh, la legge si arenerà al Senato e resterà lettera morta, come, come il governo Prodi. 

Parla Veltroni

 La quinta posizione è del 2008, durante la campagna elettorale: Walter Veltroni si riallacciava all'abortita legge Mastella auspicando «il divieto assoluto di pubblicazione fino al termine dell'udienza preliminare», con tanto di «sanzioni penali e amministrative molto più severe». La posizione venne ribadita da Veltroni durante un Porta a Porta del 13 febbraio 2008. Ma la quinta posizione non fece che precedere la sesta: l'8 giugno dello stesso anno i Ds si accodarono ad Antonio Di Pietro che a sua volta si era accodato all'Associazione nazionale magistrati.

In soldoni: i provvedimenti annunciati erano «gravi e sbagliati», mentre per quanto riguarda la privacy dei cittadini «è responsabilità degli stessi magistrati che le intercettazioni restino segrete». Coi meravigliosi risultati che sono sotto gli occhi di tutti.

da libero-news.it del 21/05/2010

martedì 18 maggio 2010

Se lo dico io che sono un nessuno non mi credono, ma se lo dice un Procuratore Capo della Repubblica?

Oppure, se lo dice Berlusconi? 
In effetti lo dice da quando é "sceso" in politica, che certa magistratura lo perseguita perché il suo fare politica ha fatto andare a ramengo la gioiosa macchina da guerra degli ex comunisti, come la chiamava Occhetto,. Gli ex comunisti pensavano di prendere il potere democraticamente e di nion lasciarlo più, come avviene nell'Emilia Romagna.  Berlusconi ha impedito questo sogno che accarezzavano dal dopoguerra. 
Per questo è diventato il nemico da abbattere, con tutti i mezzi possibili, principalmente quelli democratici per eccellenza: la magistratura politicizzata, e quelli più astuti e sottili: la calunnia, le insinuazioni, i pettegolezzi e, perchè no, un po' di sessoa gogò.
Quindi il "Berlusca" è diventato di colpo l'antidemocratico per eccellenza perchè non si fa processare come Andreotti, anzi, peggio, è un dittatore fascistello che ha persino abolito la libertà di stampa. O, peggio, si arricchisce con i terremoti secondo la vulgata della comica Sabina Guzzanti.

Ebbene, a dire che vi é certo tipo di magistratura ed un certo tipo di Consiglio Superiore della Magistratura che dovrebbe essere super partes, é un ex Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno che, intervistato da Panorama, ha dichiarato che fanno carriera soltanto i magistrati che indagano e processano Berlusconi ed i suoi amici. 
A tutti gli altri, ovvero quelli come lui, e i due colleghi trattati allo stesso modo: Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani, realmente indipendenti da condizionamenti e orientamenti di ideologia politica, la carriera viene stroncata dal Consiglio Superiore della Magistratura che, anche di fronte alle prove più lampanti del loro essere stati corretti, giusti ed aver agito rispettando le leggi, se ne frega.  Tutti e tre sono stati "scagionati" dal Procuratore Capo di Salerno prima, e poi dalla Procura di Perugia che ha indagato su di loro per competenza territoriale.

Nella foto l'ex procuratore Capo di Salerno, Dottor Luigi Apicella. 

Qui di seguito gli screenshot delle due pagine del settimanale Panorama che ne ha pubblicato l'intervista. 
 



































In conclusione pubblico la lettera di commento alle dimisioni del Procuratore Apicella, scritta dalla collega Gabriella Nuzzi:


I testimoni della verità e gli anticorpi del sistema
 Riceviamo dalla Dott.ssa Gabriella Nuzzi, pubblichiamo integralmente e sottoscriviamo una lettera con la quale il magistrato commenta le dimissioni di Luigi Apicelladalla magistratura additando le responsabilità di quei poteri forti che hanno violentemente attaccato il “pericoloso” lavoro svolto da Luigi de Magistris e dalla procura di Salerno.
Al fine di proteggere gli interessi di quella schiera di intoccabili che le loro stesse indagini avevano identificato e che rischiavano di compromettere.

L’addio del Procuratore Apicella alla magistratura è un gesto che desta profonda amarezza e sconcerto, che non può e non deve essere “liquidato” nelle brevi, laconiche parole pronunciate dal Presidente dell’A.N.M.
Occorre riflettere a fondo sulle ragioni di questa “scelta” obbligata.
L’opinione pubblica e le forze sane interne delle istituzioni hanno il diritto di conoscere la verità, del perché un intero apparato istituzionale, sulla base di un’inaccettabile menzogna (l’inscenata “guerra tra Procure”) e con tanta unanimità di intenti, abbia attaccato così violentemente dei servitori dello Stato, tolto loro le funzioni inquirenti, bloccato le indagini nelle quali erano impegnati, messo in atto una meticolosa opera di distruzione della loro reputazione personale e professionale.
Siamo stati lasciati soli, nel silenzio e nella indifferenza di chi, per dovere istituzionale oltre che morale, avrebbe dovuto accertare i fatti e tutelarci, in balia di attacchi di ogni genere, senza alcuna possibilità di difesa, senza diritto alcuno (per quanto mi riguarda, neppure quello ad essere madre), folli artefici di un disastro istituzionale o, piuttosto, testimoni scomodi di una verità devastante, in attesa che, lenta e silente, giunga finalmente la nostra eliminazione, la quieti ritorni e la normalizzazione del “sistema” sia definitivamente compiuta.
Stiamo pagando un prezzo altissimo per quella verità ed è in nome di essa che è necessario fare al più presto chiarezza su quanto è accaduto e sta accadendo, perché nessun magistrato sia più costretto a lasciare, per il proprio onore, il lavoro che ama. 


Gabriella Nuzzi [VIA] (
Fonte: www.antimafiaduemila.com, 28 luglio 2009)


Proseguo, per "par condicio" con la lettera di dimissioni del dottor Apicella:

martedì 28 luglio 2009

LA LETTERA DI DIMISSIONI DI LUIGI APICELLA, orgoglio, rabbia e delusione di un italiano troppo onesto

Riporto pari pari dal blog di Sonia Alfano la notizia delle dimissioni di Luigi Apicella, reo di aver difeso la verità, reo di aver dato ragione a De Magistris nell'opportuna sede, colpito per questo da attacchi politici e governativi di stampo imperialista:

Era il 28 gennaio di quest'anno e tutti insieme ci siamo dati appuntamento a piazza Farnese, a Roma, per manifestare la nostra solidarietà al procuratore di Salerno Luigi Apicella.
Io insieme a Beppe Grillo, a Salvatore Borsellino, ad Antonio Di Pietro abbiamo voluto fortemente quella manifestazione per gridare ancora una volta a questo Paese la forte voglia di democrazia.
A distanza di 7 mesi da quella manifestazione, purtroppo, arrivano le dimissioni di Luigi Apicella.
Ancora una volta non è stato permesso a chi voleva di lavorare serenamente ed onestamente.
A Luigi Apicella esprimo ancora una volta tutta la mia solidarietà.
Vi lascio con la sua lettera di dimissioni; non serve aggiungere altro:
  • «Ho servito lo Stato per oltre 45 anni con lealtà, abnegazione, trasparenza e libero da condizionamenti nel rispetto delle leggi per assicurare la Giustizia ai cittadini.
    L'eccezionale impegno profuso dai Magistrati della Procura della Repubblica di Salerno sotto la mia direzione, anche in complesse indagini di criminalità organizzata di stampo camorristico, in maxi inchieste per reati contro la Pubblica Amministrazione e di criminalità economica, ha ricevuto costantemente conforto nelle competenti sedi di giudizi anche di legittimità. Questi eccellenti risultati, cui sono stati riconosciuti importanti apprezzamenti dal Procuratore Nazionale Antimafia, dalle Istituzioni, dalla stampa e dai cittadini, non hanno evitato che mi venisse inflitta una sanzione che incrina la mia fiducia nella Giustizia. Non è questa la sede per discutere dei provvedimenti assunti dai miei colleghi di ufficio e da me, nè per dolermi delle decisioni assunte nei nostri confronti, dei quali ciascuno rende conto innanzitutto alla propria coscienza umana e professionale, ma che comunque forniscono un quadro dell'attuale Giustizia in Italia.
    Tuttavia dalla valutazione dell'intera vicenda non posso non rilevare come non ci sia stato alcun allarme da parte dei Magistrati dell'Associazione Nazionale Magistrati, delle Istituzioni, del giornalismo, della politica, nè all'epoca dell'esecuzione dei sequestri nè in questi ultimi otto mesi, sui gravissimi fatti, ampiamente ricostruiti, descritti, documentati, riscontrati nell 1418 pagine dell'"incriminato" provvedimento di sequestro, compiuti da magistrati indagati per corruzione in atti giudiziari e falso che avevano tra l'altro, tolto con procedure illegittime al magistrato inquirente la trattazione di due gravissimi procedimenti penali.
    Non posso non meravigliarmi, inoltre, di come non vi sia stato allarme da parte dell'ANM, delle Istituzioni sulla circostanza che alcuni di questi Magistrati hanno continuato a trattare e gestire, dopo il 2 dicembre 2008 quei procedimenti penali.
    Nè posso non dolermi sull'adozione nei miei confronti di una sanzione così grave (sospensione dalle funzioni e dallo stipendio), pur non essendo indagato di gravi reati, come corruzione e falso, ma essendomi prodigato come dovevo per le funzioni esercitate per verificare la commissione di questi gravi delitti. Sereno per aver sempre compiuto il mio dovere, nonostante le difficoltà incontrate come in questo caso, orgoglioso di aver ispirato ed assicurato nei cittadini fiducia nella Giustizia, così come testimoniato da tanti messaggi, ma deluso dal silenzio dell'ANM e delle Istituzioni sui fatti allarmanti e dal trattamento ricevuto dopo essermi impegnato per accertare tali fatti, ritengo di esprimere la mia profonda amarezza lasciando la Magistratura.
    Dichiaro, pertanto, di rinunciare con effetto immediato ad essere trattenuto in servizio fino al 75° anno di età, così come autorizzato con DDMM 9 marzo 2006»
    .
Fonte: http://www.cittadinoqualunque.com/2009/07/la-lettera-di-dimissioni-di-luigi.html

lunedì 17 maggio 2010

L'altra cosetta di sinistra!

Questa volta su Leggo, giornale on line, trovo la dichiarazione di Giovanna Melandri, già comunista, ex ministro dei Beni ambientali e culturali, che dichiara, in merito a quanto secondo lei sta accadendo al TG 1: 

"CHIAMIAMOLO TG-SILVIO"

«Ancora una volta i dati - dice Giovanna Melandri (Pd) - dell'Osservatorio di Pavia confermano quanto andiamo sostenendo da tempo. In Italia, esiste un evidente e crescente squilibrio negli spazi dell'informazione televisiva». «Nel Tg1 dell'affabile Minzolini, ad esempio - prosegue - lo spazio dedicato alle forze dell'opposizione è assolutamente esiguo, a fronte dello strapotere di Governo e partiti di maggioranza. In un simile contesto, non resta che proporre al direttore del Tg1 di provvedere a cambiare nome alla testa, chiamandola magari 'Tg-Silviò, anche alla luce del minutaggio dedicato al presidente del Consiglio».

La ex ministro parla dello spazio che, quando era ministro della repubblica, fece utilizzare ai suoi amici delle Coop in maniera spudoratamente di parte e contro legge per come viene descritto e documentato qui, qui, qui, qui e qui?

La signora farebbe meglio a tacere. 
Purtroppo non abbiamo una magistratura capace di fare gli interesse di TUTTI gli Italiani e non soltanto di una piccola parte, altrimenti questa Signora avrebbe risposto dell'anomalo comportamento dei suoi subalterni dell'epoca.