lunedì 29 marzo 2010

Libertà o incitazione all'odio? Santoro e una tv da Zimbabwe

Vi riporto quanto ha scritto Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera, sulla "grande serata di libertà dell'informazione" voluta dai soliti giornalisti di sinistra e fatta organizzare sotto l'egida del loro sindacato e quello interno in RAI. Ma con quali soldi e con quali tecnici non è dato sapere?

 Questo il lancio sul web:

Prende il via la manifestazione “Rai per una notte” organizzata dalla Federazione Nazionale della Stampa e che vedrà come ospiti  Roberto Benigni, Antonio Cornacchione, Teresa De Sio, Gillo Dorfles, Elio e le Storie Tese, Emilio Fede (? NdB*), Giovanni Floris, Milena Gabanelli, Riccardo Iacona, Giulia Innocenzi, Gad Lerner, Daniele Luttazzi, Trio Medusa, Mario Monicelli, Morgan, Nicola Piovani, Norma Rangeri, Sandro Ruotolo, Michele Santoro, Barbara Serra, Marco Travaglio, Vauro e Antonello Venditti. 

Daniele Luttazzi non è nell'elenco, ma ha partecipato. Dopo otto anni d'assenza dal video non si è smentito: il suo monologo, volgare e scandaloso, con l'elogio all'odio e una lectio magistralis di cosa vuol dire certo tipo di democrazia e libertà d'espressione, nascosta dietro il diritto di fare satira.

Qui il video del TG3 che annuncia la serata di libertà mediatica.


Ecco cosa ha scritto il critico Grasso su questa grande manifestazione di giornalismo democratico:

Libertà o incitazione all'odio? Santoro e una tv da Zimbabwe

Cose che succedono solo in Italia, peggio che in Zimbabwe. 
Quello che probabilmente resterà l’evento multimediale dell’anno (con pesanti effetti di reazione) è stato visto da tutti fuorché dagli abbonati Rai. Un’altra perla di questa dirigenza che, non contenta di aver rifiutato il contratto di Sky, di aver perso più di 7 milioni di introiti pubblicitari per la mancata messa in onda dei talk d’approfondimento (fonte Sole24Ore), ha creato le premesse per l’ennesima celebrazione del martirio di Michele Santoro. Martirio o incitazione all’odio? Per non farsi mancare nulla, «Raiperunanotte» è iniziato subito con una pesante analogia tra Mussolini e Berlusconi, sotto forma di lettera aperta al Presidente della Repubblica: «Noi non siamo al fascismo - proclama Santoro ma certe assonanze sono comunque preoccupanti...». 

Poteva mancare la requisitoria di Marco Travaglio? E il temino da primo della classe di Giovanni Floris dal titolo «Gli italiani hanno la democrazia nel sangue»? E l’invito di Gad Lerner a «mettere agli atti» chi si è accorto della censura e chi no? E la metafora hard di Daniele Luttazzi su certe attitudini sodomitiche del potere? Il Santoro show che ieri è andato in onda dal PalaDozza è stato molto più interessante per le modalità di fruizione che per i contenuti (a parte il dramma dei lavoratori che perdono il posto). Nel nome della libertà d’espressione si sono incrociati generi differenti (informazione, intrattenimento, musica, satira…), tutte le nuove tecnologie distributive (Internet, satellite, digitale terrestre, tv locali, radio, siti, blog, social network, dirette streaming, maxischermi, persino 200 piazze), personaggi di diversa provenienza, professionale e artistica, chiamati in platea come fossero grandi star. 
                 

Ma il problema, e grave, è un altro. Quando Luttazzi conclude il suo monologo ricordando che «odiare i mascalzoni è cosa nobile » non fa un enorme regalo elettorale a Berlusconi? Fomentare l’odio, alla vigilia delle elezioni, non è un atto di irresponsabilità? Se oggi la maggioranza reagirà pesantemente sarà inutile nascondersi dietro la retorica della libertà d’espressione o della rivoluzione. La politica è effetto di scena e la censura il peggiore dei suoi effetti, un indice di stupidità, ma spesso il rumore delle piazze, delle adunate, degli applausi ottunde le menti e copre i pensieri.
Aldo Grasso 
da Corriere.it del 26 marzo 2010

* Cosa centra Emilio Fede in quest'elenco di grandi e democratici uomini e giornalisti di sinistra? Non era presente, ma è nel'elenco perché ha rilasciato una intervista.

Per chi volesse vedere questo "grande" spettacolo democratico dell'informazione pluralistica italiana, ecco i link ai vari spezzoni caricati su Youtube.


Buon divertimento.

venerdì 26 marzo 2010

Dopo il caso Frisullo del PD, vicepresidente Regione Puglia, ecco il caso Penati, sempre del PD.

Il vicepresidente della regione Puglia, Alessandro Frisullo, appartenente al PD, il partito che fa la morale a tutti e su tutto, ha dichiarato di non sapere che le donne con le quali si accompagnava, presentategli da Tarantini, fossero delle escort,  ovvero delle prostitute. Tarantini, imprenditore nel ramo della sanità pugliese divenuto famoso per aver portato a casa del premier Berlusconi la escort D'Addario, accusa Sandro Frisullo di averlo favorito nell'affidamento di appalti per cinque milioni di euro nella ASL di Lecce in cambio di mazzette per 200/250 mila euro, di regali vari e delle prestazioni sessuali di tre giovani escort, per cui si desume che la D'Addario  non fosse una delle tre.  
Ma questo questo scandalo a livello personale di un appartenente al PD è il meno, perché un suo collega di partito, già presidente della provincia di Milano, Filippo Penati, stando a quando scoperto dai revisori dei conti della Bocconi, ha fatto di peggio. Ma in questa campagna elettorale, visto che è candidato per il PD a governatore della Lombardia, continua a fare il moralizzatore, cosa che non fece quando era presidente della provincia di Milano, distribuendo incarichi e prebende a tutti gli amici, amici degli amici, parenti e conoscenti. Tanto paga pantalone.
Ecco cosa viene contestato a Penati, ex presidente della provincia di Milano:
Consulenze e telefoni d’oro nella Provincia di Penati: anche la Bocconi lo boccia. Sotto la lente le oltre 1300 utenze a tariffa incontrollata e le spese per più di mille auto.
Sprechi nel distribuire telefonini ai dipendenti (1.300 con tariffe altissime), nell’usare le automobili (acquistandole e non noleggiandole), nelle consulenze personali che toccano il tetto delle 600 l’anno. E così sperperando si è arrivati a uno squilibrio di bilancio di 40 milioni di euro. 
È la pesante eredità della giunta Penati che l’amministrazione Podestà si è trovata sul groppone. A stimare il buco del bilancio e a calcolare quanto si debba stringere la cinghia entro i prossimi due anni è il «due diligence» stilato dai professori della Bocconi. Un rapporto che traduce in numeri la sofferenza dell’ente. 
I revisori di conti hanno scoperto anche errori sulle bollette commessi dalle compagnie telefoniche pari a 160mila euro (i soldi verranno restituiti alla Provincia). 
«Purtroppo dobbiamo rimandare alcuni progetti che avevamo messo in cantiere, penso al pulsante antipanico da far scattare in caso di malore o pericolo - commenta il presidente della Provincia Guido Podestà -. Cercheremo di ridurre gli immobili, portandoli da 11 a tre. Questa operazione ci frutterà 130milioni di euro».

Ma perchè Di Pietro non chiarisce mai definitivamente e realmente?

Da ieri è iniziato il tam tam dell'ex pm Di Pietro anche sul web, oltre che nei telegiornali e sui giornali, della solita canzoncina stonata che i giornali berlusconiani infangano la sua onorabilità e quella del suo partito (parafrasandolo diciamo: ma che ci azzecca il partito?)

Riporto per intero il lancio delle agenzie di stampa fatto oggi:

«Come al solito, anche questa volta, a ridosso delle elezioni, sulla carta stampata di Berlusconi tentano di infangare il mio nome e quello dell'Italia dei Valori, imbastendo finti scoop che non hanno nè capo nè coda». Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, annuncia querela a proposito di un articolo che apparirà domani sul settimanale 'Panorama'. L'ex pm ricorda che ha più volte ottenuto condanne per diffamazione e che i giudici hanno recentemente condannato le società del gruppo Berlusconi a 100 mila euro di danni. «Qualche settimana addietro - continua Di Pietro - ci avevano già provato con la storiella delle foto con Contrada e di fantomatici miei rapporti con la Cia e con la mafia italiana. Oggi 'Panoramà ci riprova utilizzando altre mie foto del tutto neutre che mi ritraggono con esponenti politici, di governo e con imprenditori bulgari, all'epoca in cui io ero parlamentare europeo con delega ai rapporti con i Paesi dell'Est. Il settimanale Panorama utilizza queste foto per sostenere che io avrei avuto a che fare con la mafia bulgara e con fantomatici servizi segreti stranieri». «I giornali di Berlusconi - conclude il Presidente IdV - farebbero meglio a riferire anche come vanno a finire queste loro accuse strampalate, e ciò con la solita condanna per diffamazione che, regolarmente, i giudici comminano. Come, per esempio, è avvenuto anche la settimana scorsa, allorchè le società del gruppo di Berlusconi sono state condannate due volte a pagarmi, complessivamente, 100 mila euro di danni, oltre alle spese processuali, per le diffamazioni perpetrate in occasione delle precedenti tornate elettorali. Così accadrà anche in questa occasione giacché, anche per quel che ha scritto oggi 'Panoramà, chiederò ancora giustizia ai giudici».
«Panorama», nel numero in edicola da domani, pubblicherà in esclusiva una fotografia scattata in Bulgaria «che ritrae Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei Valori, a tavola con un multimilionario in odor di mafia, un leader politico arrestato per terrorismo e un assessore a capo di un clan che faceva affari con droga e prostituzione». La foto, scrive il settimanale, venne scattata la sera del 19 agosto 2002 al Grand Hotel International di Zlatni Piasazi, località balneare sul Mar Nero, durante un concorso di bellezza. «Di Pietro, all'epoca europarlamentare, si trovava in Bulgaria in vacanza. Nell'immagine pubblicata da Panorama - si legge nell'anticipazione diffusa dal settimanale - davanti al politico dell'Idv siede Ilia Pavlov: un finanziere molto discusso che sette mesi dopo, il 7 marzo del 2003, viene ucciso da un sicario a Sofia con un colpo al cuore. Pavlov, come riferito a Panorama da diverse fonti, in Bulgaria era considerato il braccio economico della criminalità organizzata». «Ma anche gli altri commensali - si legge ancora nell'anticipazione - sono personaggi molto chiacchierati nel paese balcanico. A capotavola c'è Ahmed Dogan, leader del Movimento per i diritti e le libertà (Dps), il partito dei turchi. Nel 1986, mentre è a capo di un gruppo estremista, viene arrestato per attività terroristiche. Dogan rimane in galera per sei mesi e 15 giorni. Viene poi condannato a 10 anni. Ma nel 1989, dopo la caduta del comunismo, ottiene l'amnistia. Il partito di Dogan, in Bulgaria, è stato accusato di brogli elettorali». Alla sinistra di Di Pietro, invece - conclude la nota del settimanale - la foto pubblicata in esclusiva da «Panorama» ritrae Ivan Slavkov: all'epoca assistente di Dogan, poi assessore del partito Dps a Varna. Il 17 ottobre del 2008 Slavkov viene arrestato per sfruttamento della prostituzione, riciclaggio e traffico di droga. Secondo i magistrati bulgari, è il capo di un'organizzazione di 80 persone che ha cominciato a delinquere nel 1996: sei anni prima dell'incontro con Di Pietro. Slavkov è tuttora in carcere».


L'ex tutto, ora onorevole Di Pietro, ha già annunciato la querela, come l'altra fatta due anni fa contro Berlusconi che parlò della sua laurea che in soli due anni è gia arrivata a processo. Normali gentilezze e cortesie fra ex colleghi., ma non per un normale cittadino che vede passare anni ed anni prima di vedere la sua causa discussa da un magistrato.


Ecco il lancio d'agenzia:

Non si è neppure aperto ed è stato subito sospeso fino al 5 ottobre prossimo il processo per diffamazione contro Silvio Berlusconi, denunciato da Antonio di Pietro. Il caso, che doveva essere discusso davanti al giudice di pace di Viterbo, risale al 2008 quando Berlusconi non era ancora premier.
Il magistrato ha deciso di inviare gli atti alla Camera dei Deputati affinchè valuti se le frasi espresse dal Cavaliere durante un comizio elettorale il 26 marzo del 2008 a Viterbo, quando non era ancora capo del governo, siano coperte dal cosiddetto principio dell'insindacabilità. Principio secondo il quale un parlamentare non può essere chiamato a rispondere per le opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni.
Di Pietro, leader dell'Idv, aveva querelato Berlusconi per una serie di affermazioni ritenute offensive. Tra l'altro, Berlusconi, disse "Di Pietro si è laureato grazie ai servizi segreti, perché non è possibile che uno che parla così l'italiano abbia potuto superato gli esami"; "a Montenero di Bisaccia nessuno sapeva che si stava laureando, nemmeno i suoi genitori"; "Di Pietro mi fa orrore non tanto perché ha problemi con i congiuntivi ma perché non rispetta gli altri, ha mandato in galera italiani senza prove"; "Di Pietro rappresenta il peggio del peggio".
Il difensore di Berlusconi, l'avvocato Elisabetta Busuito, aveva chiesto l'applicazione diretta del principio dell'insindacabilità. Ma il Pm Laura Centofanti e il legale di Antonio Di Pietro, l'avvocato Maria Raffaela Talotta, si sono opposti. Secondo quest'ultima, le frasi offensive espresse dal premier, essendo riferite alla vita privata di Di Pietro, non avrebbero alcuna attinenza con l'attività parlamentare. Sarà quindi la Camera dei Deputati a decidere se il processo per diffamazione contro Berlusconi dovrà essere celebrato o no. Tuttavia, il giudice, secondo la legge 140 del 2003, qualora dovesse dissentire dalla decisione parlamentare, potrebbe sollevare conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale.
Ebbene, l'onorevole Di Pietro,  questo grande campione di correttezza e moralità,  non ha mai querelato il giornalista Filippo Facci che ha detto e scritto di più e di peggio, sia di Berlusconi che dei suoi giornali, nel libro intitolato:
Di Pietro, La storia vera. 
Per lasciare traccia ancor più indelebile sul web di quanto scritto da Facci, pubblicherò alcuni capitoli del libro, i cui fatti narrati dimostrano l'esistenza di un altro Di Pietro, quello vero da cui il titolo del libro: DI PIETRO, LA VERA STORIA.
Un signore che gli italiani non conoscono affatto, e chi lo conosce, fa finta di non conoscerlo. Mi riferisco al giornalista Michele Santoro il cui giornale campano che diresse, La Voce della Campania, ora La Voce delle Voci, sull'ex pm ne racconta delle belle e non mi risulta che abbia querelato il giornale subissandolo di richieste milionarie per danni morali. 
Questo è il link alla pagina col sommario di quanto pubblicato, dalla Voce delle Voci,  su Di Pietro o sul suo partito Italia de Valori.
Per comodità ne riporto alcune "perle" dipietresche,  la cui lettura di aprirà gli occhi sull'uomo ex tutto che vorrebbe essere anche ex presidente del consiglio prima e della  repubblica poi, prima di passare va miglior (?) vita.


Questa è l'ultima in ordine di tempo:

Prendo atto delle smentite della Signora Fusco e dell'On. Paladini ma confermo quanto sostanzialmente scritto. La signora Marylin Fusco e' donna di indubbie capacita' ma ritengo che sia per nulla diffamatorio pensare che la sua rapidissima ascesa nell'Idv sia molto probabilmente dovuta anche al notorio rapporto sentimentale che la lega all'On.Paladini, il cui potere all'interno del partito e' per ora incontrastato. Esistono decine di testimonianze di militanti Idv che possono confermare il forte impulso e sostegno garantito alla candidatura della signora Fusco da parte dell'On. Paladini e dei suoi collaboratori, sostegno e impulso non sempre graditi dalla base del partito. La stessa cosa sta avvenendo in occasione della campagna elettorale delle regionali 2010. 
Correggo invece, scusandomi per l'imprecisione, la notizia che la Fusco e' componente del cda della Carige: e' infatti componente della Fondazione Carige, progetto Giovani.
Prendo atto inoltre della smentita relativa alle riprese del film, notizia riportata comunque con il condizionale, segno di una sua incerta definizione. Confermo tuttavia che l'On. Paladini in privato ha piu' volte vantato la sua amicizia con Piersilvio Berlusconi. 
Confermo altresi' che Pierluigi Porazza e' stato nominato a Sviluppo Genova in quota all'Idv cosi' come notorio e' il legame di amicizia che lo lega all'On. Paladini. 
Confermo che l'On. Paladini ha chiesto di avere un posto nel Cda della societa' che nascera', se nascera', dalla fusione Iride Enia. 
Confermo che Paladini si recava al lavoro, non importa se in Questura o no, con una Porsche, notizia, a Genova, di pubblico dominio. 
Correggo invece la notizia che l'On. Paladini sia egli stesso proprietario di cave. In realta' e' sua madre ad esserlo. 
Confermo che Contino e' un collaboratore e autista di Paladini, anch'esso fatto di pubblica evidenza. Prendo atto che la denuncia della sua ex moglie e' stata ritirata, ma evidentemente questa denuncia c'era stata e dunque la notizia non era falsa. 
Confermo che Patrizia Saccone e' stata denunciata per ricettazione di un cellulare, denuncia, che, tuttavia, ho appreso nel frattempo, potrebbe essere stata ritirata. 
[Fonte]
   
Altro passaggio: 

(...) UNA DECISIONE VERGOGNOSA
Mi e' capitato di leggere poco fa un comunicato di due esponenti di Rifondazione - Russo Spena e Nicota - sulla decisione della giunta per le autorizzazione a procedere del parlamento di non concedere l'insindacabilita' per le opinioni espresse dal collaboratore del vostro giornale ed ex parlamentare Francesco Caruso. 
Una decisione - voluta soprattutto dagli esponenti di IdV e del PD - che ritengo grave in un Paese dove lo stesso parlamento non concede l'autorizzazione a procedere per reati gravi che riguardano corruzione e mafia.
Per di piu' qualche giorno fa (27 aprile 2009) il Parlamentare Tonino Di Pietro, accanito nemico del movimento No global (ricordate la storia della commissione d'inchiesta sui fatti di Genova) non ha rinunciato all'immunita' parlamentare che il parlamento europeo ha deciso di concedergli nell´ambito di un procedimento per diffamazione avviato da Filippo Verde presso il Tribunale Civile di Roma. E' lo stesso Di Pietro che durante la vicenda delle inchieste sulle intercettazioni che interessarono suo figlio attacco' duramente Maurizio Gasparri (dal SOLE24ORE DEL 27 DICEMBRE 2008) con queste parole: «Gasparri insiste con le diffamazioni, pensando di farla franca solo perche' e' un deputato. Lo citero' in giudizio sperando che non voglia avvalersi dell'immunita' parlamentare».
E' lo stesso Di Pietro che, giustamente, ha paragonato Berlusconi a un "caudillo" argentino, ma e' lo stesso Di Pietro che si e' comportato sui fatti di Genova, e non solo, come un poliziotto cileno. (...) 
Altra nomination:
(...) Per fortuna, a salvare i destini della Sinistra che non c'e' piu', impegnata tra cashemere e fitness, ci pensa il piu' autentico bolscevico che le campagne d'Italia abbiano prodotto nell'ultimo ventennio, Di Pietro. Braccia muscolose, petto in fuori, mascella volitiva, tempra contadina, eccolo, il superpoliziotto senza macchia e senza paura, quello che sbatteva in gattabuia i mostri di Tangentopoli gettando le chiavi. Delle imprese del rampollo Cristiano - ampiamente riprese dai media - la Voce ha scritto nel numero di ottobre 2008 (la sai l'ultima? si dimette dall'Idv di papa', ma non lascia la poltrona in Provincia!). All'ex toga appena scesa nell'agone politico, nel 1995, avevamo invece dedicato una cover story, dettagliandone svariate imprese, nonche' alcune amicizie massoniche (vedi oggi Formisano, Di Nardo e C.). Lui, l'anti P2 de piazza Navona e storico amico del picconator Cossiga. Da Gramsci al Tonino nazionale, e' un passo un po' lungo da digerire. Vero, Berlinguer?  
Una perla su uomini e donne del suo partito: 
(...) BARBATO INDIGESTO
Il primo congresso nazionale dell'IdV del 5-7 febbraio a Roma sara' una parata celebrativa per esaltare Antonio Di Pietro. A questo stanno lavorando i gerarchi dipietristi. Non a caso (a meno di novita' dell'ultima ora) il deputato campano Francesco Barbato non potra' presentare la propria candidatura a leader del partito. La sua richiesta di iscrizione non e' stata accettata. Il motivo: non ha versato la quota associativa attraverso un bollettino postale. Inutili le spiegazioni dell'ex sindaco di Camposano, che pensava di pagare attraverso i prelievi mensili che il partito effettua sui suoi emolumenti di parlamentare. 
E insieme a quella di Barbato, non e' valida nemmeno l'iscrizione di 200 militanti da lui portati. Il responsabile organizzativo, Ivan Rota, si trincera dietro motivi di privacy, ma di fatto ammette che le cose stanno cosi'. 
Tanto irrigidimento burocratico tradisce il fastidio per una candidatura come quella di Barbato che, pur senza rappresentare un reale pericolo per la leadership dell'ex pm, avrebbe raccolto l'area del dissenso interno e sarebbe magari confluita con la mozione di Pancho Pardi, critica sul familismo e la scarsa trasparenza. Per un intollerante come Di Pietro sarebbe stata comunque una spiacevole macchia nell'immagine a tutto tondo che vuole dare di se'. 
Se l'ex pm manterra' il suo veto a Barbato, la mozione del deputato campano verra' comunque presentata dai delegati della Base IdV, ovvero l'area del dissenso organizzato, che potrebbero anche contestare la regolarita' dei congressi provinciali, nei quali i delegati piu' che votati sono stati nominati dall'alto. 
Intanto sabato 23 gennaio a Milano, nel corso dell'assemblea dei delegati lombardi, Barbato e' stato vivacemente contestato in sala dalla prima moglie di Di Pietro, Isabella Ferrara, tesoriera dell'IdV lombardo, mentre il coordinatore Sergio Piffari, quando Barbato al termine del suo intervento ha chiesto un bicchiere d'acqua, e' arrivato al punto di negarglielo. 
E pensare che nella vita Piffari si occupa di ristorazione.
I mattoni dell'ex pm:


IMMOBILIARE DI PIETRO - NUOVA PUNTATA 
di Giulio Sansevero [ 20/04/2009] 


L'immobiliare Di Pietro esiste. La abbiamo scoperta a Montenero di Bisaccia. Il titolare pero' non e' il leader dell'Italia dei Valori e neanche suo figlio Cristiano, si chiama Bruno Di Bello e non e' un parente. Di Bello in passato era consigliere provinciale del partito di Tonino ed e' stato lui a intermediare l'ultimo acquisto dell'ex pm: un'altra masseria dirimpetto a quella di famiglia che gia' Antonio Di Pietro possiede in contrada Sterparone, nella natia Montenero. 
Il nuovo acquisto della ormai lunga catena di acquisizioni immobiliari di Di Pietro e' stato perfezionato il 4 aprile 2007 presso il notaio Vincenzo Greco di Termoli, che peraltro e' anche il sindaco della cittadina adriatica, in quota all'Italia dei Valori. Tutto fatto in casa insomma. La proprieta' era composta inizialmente da un terreno di due ettari e da due edifici per complessivi 100 metri quadri. Di Pietro li ha uniti ampliandone la superfice fino a 180 metri circa. 
Il prezzo pagato per l'acquisto e' basso, tra i 70 e gli 80 mila euro, ma a questo vanno aggiunte le spese per i lavori di ristrutturazione, che hanno superato, pare, i 120.000 euro. Dunque in tutto Tonino stavolta ha sborsato circa 200 mila euro. Con quest'ultima operazione i terreni di sua proprieta' arrivano intorno ai 20 ettari e, se si considera che confinano con quelli di sua sorella Concettina, i Di Pietro cominciano ad essere i veri padroni della contrada, anche se Tonino, non pago dei beni che e' riuscito a mettere al sole, sta cercando di acquistare altri terreni. 
Risulta infatti che abbia inoltrato diverse offerte ai proprietari di piccoli appezzamenti della zona, ricevendone per ora dei rifiuti. Evidentemente ha intenzione di potenziare la sua azienda agricola, con la quale produce grano e olio, e magari progetta davvero di ritirarsi a Montenero una volta lasciata la politica. Lo fa pensare il fatto che recentemente si sia iscritto all'albo degli imprenditori agricoli, cosa che gli consente di incassare il notevole vantaggio fiscale di pagare nelle transazioni immobiliari del tipo di quella portata a termine nel 2007, non il 20% di tasse come tutti, ma solo l'1%. 

cristiano in villa
Non e' questo pero' l'ultimo acquisto della famiglia Di Pietro. A cavallo tra il 2007 e il 2008 Cristiano ha comprato dal costruttore Idelmo Lallopizzi due lotti di terreno situati in contrada Giancola Lemme a Montenero di Bisaccia. Misurano 700 metri quadri l'uno e sono pronti per essere edificati. Il primogenito di Tonino, che ha intenzione di costruirci una villa dove trasferirsi con la moglie e i suoi tre figli, ne ha affidato il progetto ad un ingegnere che risulta essere il marito di Simona Contucci, militante dell'Italia dei Valori e figlia di Anita Zinni, la numero uno del partito a Sulmona e, soprattutto, una sorta di seconda mamma di Cristiano. La Zinni e' infatti l'insegnante che aiuto' il futuro poliziotto a preparare nel 1996 l'esame di maturita', quando in un istituto di Pratola Peligna gli fu addirittura consentito di sostenere la prova a porte chiuse. 
In virtu' degli indici di cubatura previsti dal piano regolatore, Cristiano potra' costruire una villa di 450 metri quadri circa su due piani. I due lotti sono stati pagati intorno ai 170 mila euro. La villa difficilmente potra' costarne meno di 500 mila. 

dimenticanze su libero
E' un vero peccato che Antonio Di Pietro si sia dimenticato di citare anche queste due ultime acquisizioni nell'articolo pubblicato da Libero il 9 gennaio scorso e nel quale elencava le sue proprieta'. Gia' in quella occasione, quando tralascio' di citare l'appartamento acquistato per la figlia in via dei Partigiani a Bergamo, i conti non tornavano, risultando a noi (con beneficio d'inventario) che le uscite dal 1996 a oggi erano superiori alle entrate di circa 350 mila euro. E questo dando per scontato che sia vero quanto sostiene l'ex pm, ovvero che gli appartamenti della moglie Susanna Mazzoleni siano stati pagati da lei stessa o dalla famiglia paterna, come lascia intendere Di Pietro, e che i soldi della contessa Borletti siano effettivamente solo i 300 milioni dichiarati da Di Pietro e non gli oltre 900, come sostiene Panorama. 
Questi ultimi due acquisti dunque sbilanciano ancora di piu' i conti di Tonino. Si tratta infatti di altri 350 mila euro, con una ulteriore previsione di spesa del 150%. 
Torniamo alla solita domanda. Dove prende tutti questi soldi Di Pietro? Stavolta possiamo ipotizzare una risposta che non siano i soliti maligni sospetti messi in giro calunniosamente dai nemici di Tonino (ovvero che i soldi l'ex magistrato li abbia presi direttamente dalle casse del partito, generosamente rimpinguate ogni anno dalle rate dei rimborsi elettorali e sulle quali aveva imposto fin qui un controllo assoluto insieme alla tesoriera Silvana Mura). 
Accade infatti che qualche tempo fa Cristiano abbia confidato ad alcuni suoi amici di Montenero che suo padre una decina di anni fa ha acquistato un terreno di circa quaranta ettari a Timisoara, in Romania, nella zona aeroportuale della cittadina. La cifra pagata fu piuttosto bassa, tra le 500 mila e il milione di lire ad ettaro. In tutto meno di 40 milioni. 
Il colpo di fortuna di Tonino fu pero' che su quel terreno, qualche anno dopo, abbia messo gli occhi la Coca Cola rumena, che stava cercando spazi dove installare il suo ottavo impianto di imbottigliamento presente nel paese transilvanico. E cosi', dopo una trattativa neanche troppo laboriosa, il marchio con le bollicine piu' famoso del mondo, nel 2007, riusciva ad acquistare quel terreno, versando a Di Pietro un sacco di soldi, ovvero un milioncino di euro circa. Per il leader dell'Italia dei Valori un guadagno esponenziale, pari al 500%. 
Secondo Cristiano tutti i soldi spesi per le case vengono da li', cosi' come altri introiti arriverebbero a Di Pietro, sempre a sentire quanto rivelato dal primogenito, dall'affitto di un locale commerciale che l'ex magistrato ha acquistato a Praga insieme ad un appartamento. Il locale sarebbe infatti locato ad una pizzeria italiana. 
E' vero quanto ha raccontato Cristiano? Oppure si tratta di un'abile manovra per depistare i sospetti dei compaesani che stanno cominciando a chiedersi, come tutti d'altra parte, dove l'ex eroe di Mani Pulite trovi le risorse economiche per finanziare i suoi acquisti? Puo' per cortesia Antonio Di Pietro essere cosi' gentile da rispondere alle nostre domande? E' vero che ha acquistato e venduto un terreno a Timisoara in Romania? E' vero che possiede un appartamento e un locale commerciale a Praga? E puo' dirci per piacere come mai non ha citato nell'articolo su Libero l'acquisto di questa seconda masseria di Montenero?
[Fonte




Tale padre, così il figlio: 


CRISTIANO DI PIETRO / BMW E VALORI 
di Giulio Sansevero [ 05/02/2009] 


Prima di venire coinvolto nello scandalo delle raccomandazioni, Cristiano Di Pietro aveva chiesto ripetutamente l'abolizione delle Province, che considerava enti inutili e troppo costosi. Difficile dargli torto, soprattutto visto quello che lui e gli altri consiglieri della Provincia di Campobasso hanno combinato fino al 31 dicembre 2008. 
Dal primo gennaio infatti la legge 133 ha introdotto dei vincoli tassativi nel capitolo rimborsi spese per le trasferte. Prima che Giulio Tremonti chiudesse i rubinetti, i consiglieri di Campobasso hanno goduto pero' di rimborsi decisamente generosi. A chi di loro doveva recarsi dalla propria citta' di residenza alla sede della Provincia, il rimborso non veniva calcolato come nella stragrande maggioranza degli altri enti pubblici in base al costo della benzina diviso 5 e moltiplicato per il numero dei chilometri percorsi, bensi' in base alla cilindrata e ai cavalli dell'auto del consigliere; cosicche' era venuta a crearsi la perversa situazione che piu' l'auto era potente, piu' il fortunato eletto guadagnava e piu' l'ente pubblico spendeva. 
E indovinate con che auto viaggiava il rampollo del leader dell'Italia dei Valori? Con una Bmw 530, una lussuosa quattro ruote 3000 di cilindrata. In famiglia evidentemente piacciono le auto tedesche, al padre le Mercedes, al figlio le Bmw. Perche' prima della 530, il buon Cristiano aveva scorazzato con un altro modello della casa tedesca, la X5, un Suv anch'esso 3000 di cilindrata. E quando aveva acquistato la prestigiosa macchinona? Proprio in coincidenza dell'elezione in consiglio provinciale, quando si libero' della piu' modesta Fiat Ulysse regalatagli dal papa'. L'ha fatto sapendo che avere un'auto molto potente sarebbe stato molto piu' conveniente? Non lo possiamo dire, ma il sospetto resta. 
Il buon Cristiano non e' il solo ad essere appassionato di auto di grande cilindrata. Anche molti altri consiglieri lo sono. Tra questi il presidente della Provincia, Nicolino D'Ascanio, anche lui di Montenero di Bisaccia, il quale si reca ogni giorno in ufficio a bordo di una lussuosa Bmw 3000. Pur con la casacca del Pd, D'Ascanio alle politiche del 2008 ha fatto votare Italia dei Valori convinto che Di Pietro sarebbe confluito nel suo partito; oggi ha diritto all'auto blu con autista ma se ne e' avvalso solo per un breve periodo. Vedendolo alla guida della sua auto i concittadini hanno pensato, «che bravo, rinuncia all'auto blu per far risparmiare la Provincia». Ma non e' cosi', perche' in realta' l'ente ha speso di piu'. Sapete quanto percepivano Di Pietro e l'amico D'Ascanio ogni volta che da Montenero si recavano nel capoluogo molisano? 200 euro. Una cifra niente male se paragonata a quanto avrebbero ricevuto se fosse stato applicato il criterio di rimborso vigente in tutti gli altri enti pubblici: poco piu' di 40 euro. Insomma, finche' e' durata, dal maggio 2006 al dicembre 2008, e' stata davvero una pacchia. Perche' quei 200 euro a viaggio andavano moltiplicati ogni mese per 22. Questo era, ed e', il numero di volte in cui un singolo consigliere si deve recare in Provincia. Accade infatti che se il Consiglio si riunisce non piu' di due o tre volte al mese, a tenere impegnati i consiglieri sono le preziose riunioni delle sette commissioni che impongono a ciascun eletto di recarsi presso gli uffici di Palazzo Magno non meno di 22 volte al mese. Il massimo possibile, visto che il tetto stabilito per legge e' di 23 riunioni mensili. 
Cristiano partecipava ai lavori di tre commissioni: quella dei capigruppo, (dopo le dimissioni non piu'), quella affari generali e quella statuto e regolamenti. A giudicare dal sito della Provincia di Campobasso la cui pagina “Regolamenti” e' completamente vuota, il lavoro di quest'ultima commissione (la piu' affollata, sono in 19) non dev'essere stato tanto. Ma sara' senz'altro colpa di una disfunzione telematica. Fatto sta che da quando si e' insediata l'attuale giunta di centrosinistra (che si regge grazie all'Udc) il numero delle riunioni delle commissioni e' aumentato e Cristiano fino a tutto il dicembre 2008 ha percepito ogni mese 4400 euro di rimborsi spese esentasse. A questi si debbono aggiungere i 35 euro di gettoni di presenza, cifra che va moltiplicata per circa 25 e che fa 875 euro. Insomma fino allo scorso dicembre Cristiano Di Pietro guadagnava, grazie anche alla potente auto di cui si era dotato, oltre 5200 euro al mese. Per un poliziotto in aspettativa niente male. Inutile ricordare che naturalmente e' tutto in regola e che Di Pietro jr. si e' limitato ad usufruire di norme che valevano per tutti. 
Il problema e' che anziche' chiedere l'abolizione delle Province per ridurre i costi della politica, Di Pietro poteva cominciare a viaggiare con un'auto di cilindrata inferiore, ingaggiando magari una battaglia per ridurre il numero delle riunioni di commissione. Ma non l'ha fatto e questo e' davvero un peccato. Il sospetto che dietro quel numero cosi' elevato di riunioni di commissione ci sia qualcosa da approfondire e' venuto, ad esempio, ai giovani del Pd; ma la giunta, in nome della privacy dei consiglieri, ha opposto un divieto alla loro richiesta di accesso agli atti. Perche' Cristiano non si impegna a rendere pubblici quei verbali? 

VENAFRO, ITALIA
Che il Molise non sia mai stato per Antonio Di Pietro un fiore all'occhiello era chiaro da tempo. Anzi, possiamo dire che a casa sua l'ex pm ha sempre dato il peggio di se'. Nel 2001 si e' servito di Aldo Patriciello per raccogliere le firme per la lista delle regionali; dal 2006 al 2008 ha inciuciato con il governatore forzista Michele Iorio con il quale si e' spartito le poltrone del CdA dell'Autostrada del Molise; ha omesso di denunciare gli sperperi nella ricostruzione post terremoto; e a Venafro, la quarta cittadina del Molise, sta governando con il centrodestra. Artefice di questa unione contronatura e' il consigliere regionale dell'IdV Nicandro Ottaviano, originario proprio di Venafro. 
Tra i nomi che Cristiano avrebbe raccomandato a Mario Mautone - l'ex provveditore alle opere pubbliche in Campania e al centro dell'inchiesta della procura di Napoli su Global Service e dintorni - uno gli era stato segnalato proprio da Ottaviano: si trattava dell'ingegnere Nicola Carrassi, un professionista legato da sempre a Forza Italia ed ex assessore di una giunta di centrodestra di Venafro. Ottaviano, uno dei 79 membri dell'esecutivo nazionale del partito, e' il figlio di un ex sindaco Dc che prima di finire in coma irreversibile ha accumulato oltre 20 procedimenti giudiziari. 
In quel di Venafro - al cui cospetto il Far West e' la patria del diritto - gli ultimi due sindaci sono decaduti per incompatibilita', gli abitanti non pagano l'acqua perche' il Comune non riscuote le bollette e l'attuale sindaco di Forza Italia vive in una casa di proprieta' della madre dove non e' mai stata pagata la tassa per l'allaccio alle fogne e per oltre vent'anni la sorella ha incassato affitti di un capannone completamente abusivo. «Lo sport cittadino preferito, quello dell'abusivismo - commenta qualche dissidente in zona - e lo stesso Ottaviano lo pratica con passione». 
La villa dove abita con la moglie Anna Ferreri, gratificata con una consulenza da 40.000 euro dall'allora ministro delle Infrastrutture Di Pietro, e' sconosciuta al catasto. La particella 403 del foglio 19 appare classificata come un terreno “seminativo”. Si tratta di 5120 metri quadrati acquistati dalla giovane coppia il 17 luglio 2003 nell'ambito di un frazionamento. Su quest'area i coniugi Ottaviano hanno edificato in 18 mesi la loro bella abitazione, dando il via ai lavori non appena Nicandro e' stato eletto consigliere regionale. «E' stata costruita su un terreno agricolo grazie ad un espediente molto usato a Venafro. Si chiama asservimento - spiega un tecnico - e consiste nell'acquistare le cubature di altri terreni agricoli magari distanti, trasferendole in quello dove si vuole costruire una casa e dove, per i limiti imposti alle costruzioni rurali, le cubature non sarebbero state sufficienti. Poi si fa un progetto in cui si scrive semenzaio al posto di salotto, stalla al posto della camera da letto e si confida nella complicita' degli uffici competenti». Complicita' che puntualmente arriva. 
Tutta Venafro e' stata costruita cosi', rincarano ancora la dose. In base ad una finzione - viene spiegato - che ha visto trasformare di soppiatto costruzioni agricole destinate a chi lavora i campi in civili abitazioni. Chi dovrebbe verificare abusi di questo tipo e' il responsabile dell'Ufficio urbanistica che pero' e' il suocero di un assessore dell'Italia dei Valori, Adriano Iannaccone. Andra' a controllare come mai la villa di Ottaviano sorge su un terreno agricolo? Se il consigliere regionale dell'IdV paga la tassa sull'immondizia oppure quella sugli scarichi fognari? E il pupillo di Di Pietro come fara' a dichiarare nel 740 la sua bella villa fatta passare per casa rurale se essendo sconosciuta al catasto non dispone di una rendita catastale? E' l'Italia dei Valori sconosciuti. Anche al catasto. 

I muri e i mattoni:


DI PIETRO IMMOBILIARE STORY - GUARDA CHE MURA 
di Giulio Sansevero [ 06/07/2008] 




Spunta fuori un altro appartamento di Antonio Di Pietro. Il leader dell'Italia dei Valori l'ha acquistato il 16 marzo del 2006 a Bergamo. 178 metri quadrati di superficie catastale, 9 vani, il tutto per una cifra molto bassa: 261.661.000 euro. L'immobile si trova al terzo piano di via Locatelli 29, una delle arterie piu' pregiate della city orobica. Abbiamo consultato un immobiliarista del posto e ci ha detto che un appartamento di quella grandezza, in quella zona, nel 2006 poteva essere tranquillamente venduto a non meno di 500.000 euro. 
Un vero affare dunque per l'ex pm di Mani Pulite. Come ha fatto a pagarlo cosi' poco? L'ha acquistato dall'Inail, che, proprietario di tutto lo stabile, lo ha ceduto nell'ambito della cartolarizzazione del suo patrimonio immobiliare. La vendita e' avvenuta il 10 novembre 2004 tramite un'asta con offerte segrete presso il notaio Giuseppina Santangelo. Il prezzo base era di 204.085 euro. A parteciparvi pero' non era Di Pietro stesso, ma Claudio Belotti, il compagno di Silvana Mura, deputata e tesoriera, nonche' socia dell'Associazione Italia dei Valori, la donna che insieme a Tonino controlla con pugno di ferro le finanze del partito. Belotti in un primo momento veniva escluso dal notaio e l'appartamento se lo aggiudicava per 245.000 euro la Bergamo House srl. 
Il signor Belotti pero' non desisteva e presentava un primo ricorso al Tar, che lo respingeva e infine al Consiglio di Stato, che invece lo accoglieva. In giudizio nessuno dei soggetti interessati resisteva al Belotti, nemmeno l'aggiudicataria provvisoria. E siccome l'offerta targata Belotti era piu' alta, l'appartamento veniva venduto definitivamente a lui. Quindi all'atto del rogito, Belotti, che aveva partecipato all'asta per persona da nominare, rivelava che questa persona era Antonio Di Pietro. L'ex pm pagava con 5 assegni non trasferibili della Banca Nazionale del Lavoro e diventava cosi' proprietario dell'appartamento. Se si consulta l'elenco telefonico di Bergamo, ci si imbatte in due numeri (uno e' un fax) intestati a Silvana Mura. Entrambi fanno riferimento alla stessa abitazione, sita proprio in via Antonio Locatelli 29. I due numeri, inoltre, sono gli stessi dell'ufficio di via Taramelli 28, ex sede storica della tesoriera nazionale dell'Italia dei Valori. La coincidenza fa pensare che ora la tesoreria sia stata trasferita nell'appartamento acquistato da Di Pietro. 

PARTITO CIRCOLARE

Sarebbe interessante sapere se per caso la Mura sia semplicemente sua ospite (visto il notorio disinteresse per il denaro dell'ex magistrato) o se per caso l'appartamento in questione sia stato affittato all'Italia dei Valori, esattamente come accaduto per quelli di via Casati a Milano e di via Principe Eugenio a Roma, sempre di proprieta' di Di Pietro. In ogni caso niente di illecito, naturalmente; ma se cosi' fosse, sarebbe la conferma che nell'Italia dei Valori cariche e proprieta' immobiliari, partito e parentele, sono come gli assegni: circolari. Per Di Pietro, peraltro, e' stata una vera fortuna che tutto si sia concluso prima della formazione del governo Prodi, perche' se fosse stato ministro, per effetto di norme interne dell'Inail, non avrebbe potuto aggiudicarsi l'appartamento. 
Se ogni cosa, come sembra, e' in regola, l'ex titolare delle Infrastrutture dovrebbe tuttavia spiegare alla pubblica opinione dove trovi tutti questi soldi per comprare un cosi' cospicuo numero di appartamenti. Perche' a questo punto cominciano ad essere davvero tanti. Soprattutto per uno che nel 2005 e nel 2006 ha dichiarato un imponibile rispettivamente di 175.000 e 183.000 euro.

L'ITALIA DEI MATTONI
Ma vediamo di ricapitolare il patrimonio immobiliare del leader dell'IdV. Fin quando e' stato magistrato Di Pietro ha acquistato una villetta a Curno dove era andato a vivere con l'allora compagna Susanna Mazzoleni e poco dopo, esattamente nel 1994, un'altra villetta attigua, di otto vani, dove attualmente risiede quando si reca nella cittadina lombarda e dove in una stanza bunker conserva il suo archivio personale. 
Quando nel 1995 diventa docente all'Universita' di Castellanza, acquista a Busto Arsizio, con un mutuo e i proventi di alcune cause per diffamazione vinte, un grande appartamento di circa 300 metri quadri che trasforma in sede operativa del partito. La spesa e' intorno ai 250 mila euro. L'80 per cento dell'importo viene coperto con un mutuo agevolato. Una parte di questo appartamento nel 2001 ha ospitato un gruppo di carabinieri inviati in servizio a Malpensa dopo l'11 settembre. 
Poi nel 1999, appena eletto nel Parlamento Europeo, acquista a Bruxelles un bilocale di 80 metri quadrati. Prezzo ignoto. Lo shopping immobiliare continua e il 3 gennaio 2002 compra un appartamento in via Merulana, a Roma, quello dove vive quando si trova nella capitale. Altri otto vani, per un totale di 180 metri quadrati. Un quarto piano molto luminoso pagato intorno ai 650 mila euro grazie anche ad un mutuo di 400 mila euro acceso con la Bnl. 

 LO SHOPPING DI SUSANNA e C.
4 febbraio 2003. Di Pietro acquista a Montenero di Bisaccia, per suo figlio Cristiano, un attico di 173 metri quadrati. Sei vani e mezzo poi ampliati a otto e a 186 metri quadrati (piu' 16 di garage) grazie al condono edilizio del 2003. La spesa sostenuta e' all'incirca di 300 mila euro. 
Meno di due mesi dopo, il 28 marzo, Di Pietro compra a Bergamo un quarto piano agli altri due figli, Anna e Toto. Sette vani e mezzo per un totale di 190 metri quadrati. L'appartamento e' situato in un elegantissimo palazzetto liberty di via dei Partigiani, una delle strade piu' belle del centro citta'. 
Un giorno frenetico, quel 28 marzo. Presso lo studio del notaio Nosari, infatti, Susanna Mazzoleni, moglie di Di Pietro e madre dei tre ragazzi, acquista un appartamento di 48 metri quadrati, collocato anch'esso al quarto piano. La lista della spesa viene completata con due cantine e un garage, tutti in via dei Partigiani, tutti acquistati presso l'Immobiliare San Michele, rogitati lo stesso giorno e presso lo stesso notaio. Un esborso, dicono esperti immobiliaristi bergamaschi, intorno agli 800 mila euro. Chi ha pagato? Antonio Di Pietro o Susanna Mazzoleni? 
Chi conosce Di Pietro sostiene che a pagare non puo' che essere stato il leader dell'Italia dei Valori. Nel 2004, consigliato da un notaio, Di Pietro decide di intestare all'An.To.Cri. (la societa' che prende il nome dalle iniziali dei suoi tre figli e che viene finanziata con prestiti personali del socio unico Di Pietro) l'appartamento che acquista a Milano in via Felice Casati: 9 vani per un totale di 190 metri quadrati. Il rogito avviene il 20 aprile. Il prezzo pagato e' 620 mila euro. Poco dopo An.To.Cri acquista a Roma un appartamento di 10 vani (stessa superifice, i canonici 190 metri quadrati) in via Principe Eugenio, non distante da via Merulana, dove Di Pietro abita. La spesa sostenuta e' intorno ai 900 mila euro. Di Pietro si accolla due mutui che accende presso la Bnl, 276 mila euro da rimborsare entro il 2015 per l'appartamento milanese, 385 mila per quello romano, da restituire entro il 2019. E com'e' noto le rate dei mutui Di Pietro le ricavera' (salvo poi ripensarci in seguito alle poche notizie comparse sull'affaire), dall'affitto versato all'An.To.Cri. dall'Italia dei Valori. 
Siamo al 2005: il 23 dicembre Susanna Mazzoleni acquista un piccolo appartamento di due vani e mezzo nella centralissima via del Pradello e sempre lo stesso giorno diventa proprietaria di un ufficio di quattro vani e mezzo, 90 metri, ubicato nella medesima palazzina. Totale del valore tra i 400 e 500 mila euro. Ha pagato l'avvocato Mazzoleni che, come e' noto a Bergamo, di fatto non esercita piu' alcuna attivita' forense? Nel 2006, come sappiamo, Di Pietro acquista l'appartamento di via Locatelli a Bergamo, mentre nel 2007 l'ex ministro avvia l'impegnativa ristrutturazione della masseria di famiglia a Montenero di Bisaccia. 

MONTENERO SUPERSTAR
La casa viene interamente demolita e ricostruita ex novo, con un considerevole ampliamento, giungendo ad un'estensione di circa 450 metri quadri, articolati in 12 vani e mezzo. La spesa per i lavori supera i 180 mila euro. 
Nel corso degli anni Di Pietro, sempre nella natia Montenero, ha messo insieme 32 appezzamenti di terra, molti dei quali minuscoli, per un totale di 16 ettari di proprieta'. Alcuni di questi li ha ereditati dal padre e altri li ha riscattati dai familiari, difficile pero' ricostruire quanto abbia speso. Nel 2008, infine, il leader dell'Italia dei Valori acquista per sua figlia Anna un altro appartamento a Milano, in piazza D'Ergano: 60 metri quadrati nel quartiere della Bovisa. Costo intorno ai 300 mila euro. 
A fronte di queste spese, Di Pietro ha venduto l'ufficio di via Milano, a Busto Arsizio, 300 metri in un zona piuttosto depressa che insieme ai garage di pertinenza ha fruttato intorno ai 400 mila euro, una parte dei quali, almeno 100 mila, restituiti alla banca che aveva erogato il mutuo. Secondo quanto ha dichiarato al giudice romano Luciano Imperiali con questi soldi, non piu' di 300 mila euro, avrebbe acquistato l'appartamento di via Felice Casati a Milano e quello di via Principe Eugenio a Roma, poi venduto nel corso del 2007. 
Ma i conti non tornano. All'appello mancano tra i 400 e i 500 mila euro. E tutti i soldi per comprare gli altri appartamenti? Perche' Di Pietro tra il 2002 e il 2008 ha sborsato oltre quattro milioni di euro per acquisire immobili, per se' o per la famiglia. Incassando per vendite circa un milione di euro al netto dei mutui restituiti. A questo si aggiungano le spese sostenute per mantenere la moglie, i tre figli e i tre nipotini, tutti con un tenore di vita altissimo. A differenza di lui, Tonino, che da vero contadino spende poco sia per vestire che per mangiare e quello che risparmia lo investe tutto nel classico mattone.
[Fonte



Altre perle del grande moralizzatore: 


L'ITALIA DEI FAVORI 
di Fabrizio Colonna [ 9/00/2008] 




Una nuova era si apre nel Paese: quella del dipietrismo, fatta di gestione del partito senza democrazia, inciuci con gli avversari politici negli enti locali, conflitti d'interesse grandi come una casa nella gestione delle opere pubbliche, colate di nomine e pioggia di finanziamenti nei feudi elettorali. Una per una, ecco in esclusiva tutte le magagne, compresa una tegola che potrebbe arrivare da Milano: un taglio da 24 milioni di euro.
Dopo quello degli elettori Antonio Di Pietro dovra' presto sottoporsi ad un altro giudizio, quello del Tribunale di Milano. E non e' affatto detto che debba cavarsela brillantemente come nelle Politiche del 14 aprile scorso. Il giudice Giuseppe Tarantola dovra' decidere sulla richiesta di sospensione dei finanziamenti pubblici all'Italia dei Valori, chiesta dall'ex segretario del partito di Di Pietro, Mario Di Domenico, che dal 2003 sta cercando di avere ragione del modo a suo avviso scorretto con il quale l'ex pm di Mani Pulite gestisce i finanziamenti statali. Se Tarantola non concedera' la sospensiva, la causa civile che Di Domenico ha avviato per annullare una serie di delibere dell'IDV, andra' comunque avanti e tra un paio d'anni arrivera' la sentenza. 
Di Domenico e' un avvocato abruzzese di 49 anni che dal 1997 al 2003 e' stato, insieme a Silvana Mura, la persona piu' vicina all'ex magistrato molisano. E' lui l'autore dei tanti statuti del partito ed e' stato lui, nei sette anni in cui ha resistito accanto a Di Pietro, a tenere i cordoni della borsa dell'Italia dei Valori. 
I soldi, dice Di Domenico, sono il vero pallino di Di Pietro. Per controllare gli enormi flussi di denaro pubblico, 22 milioni di euro tra il 2001 e il 2006, l'ex ministro del governo Prodi ha costruito un partito incompatibile, sostiene Di Domenico, con la costituzione repubblicana e con i principi di quella democrazia cui l'ex magistrato si richiama con tanto ardore. Un partito monoliticamente controllato da Di Pietro stesso attraverso l'associazione Italia dei Valori alla quale si accede solo attraverso un atto notarile e il cui presidente coincide con quello del partito. Con l'articolo 16 dello statuto l'ex pm ha persino disposto che presidente dell'associazione possa essere solo il fondatore del partito, ovvero Di Pietro stesso, e, si legge, fino a sua rinuncia. 
Una disposizione che ha dell'incredibile, osserva Elio Veltri, un altro che dopo aver visto da vicino Di Pietro ha deciso di abbandonarlo. L'articolo 16 concede infatti al leader dell'IDV poteri illimitati. Solo lui puo' modificare lo statuto, nominare il tesoriere, approvare i bilanci e ripartire i fondi. Una vera e propria dittatura concepibile solo nei regimi autocratici zaristi e mai vista nemmeno durante il fascismo e il craxismo, commenta Veltri. In questo modo nessuno all'interno dell'IDV puo' mettere in minoranza Di Pietro cosi' come avviene in ogni normale partito e se per ipotesi cio' accadesse, comunque Di Pietro manterrebbe nelle sue mani il controllo della cassaforte del partito. 
A scrivere questo Statuto era stato Di Domenico su richiesta dello stesso Di Pietro. Di Domenico insieme alla Mura e al politico di Montenero di Bisaccia era stato protagonista del golpe interno con il quale il 9 settembre del 2000 fu segretamente modificato lo statuto del partito. L'IdV era infatto nato nel 1998 a San Sepolcro presso lo studio del notaio Fanfani e contava su 250 militanti come soci fondatori. Troppi per Di Pietro, che con i suoi due fedelissimi decise di ridurli a 3. Ovvero Di Pietro, la Mura e Di Domenico. Poi quest'ultimo comincio' ad avere dei dubbi e prese coscienza del fatto che in questo modo si sarebbero potute verificare delle gravi distorsioni nell'utilizzo dei fondi pubblici. E lui ne sarebbe stato complice. L'avvocato abruzzese chiese quindi a Di Pietro di aprire il partito ad una gestione piu' democratica. Di Pietro rispose dapprima di si', ma poi ando' dritto per la sua strada, in compagnia della fedelissima Silvana Mura e cooptando, al posto di Di Domenico, la propria moglie Susanna Mazzoleni. 
Di Domenico ha gia' denunciato per truffa il politico molisano alla Procura di Roma, denuncia che il 17 marzo scorso e' stata archiviata su richiesta dello stesso pm Giancarlo Amato. Non senza una circostanza da sottolineare: ad accettare la richiesta di archiviazione di Amato e' stato il gip Luciano Imperiali, il quale ha sostituito nel corso del mese di febbraio, a pochi giorni dall'udienza preliminare, la gip Carla Santese. Quest'ultima aveva respinto la prima richiesta d'archiviazione di Amato ravvisando una serie di reati, tra cui l'appropriazione indebita, che prima non erano stati individuati e che aveva chiesto di approfondire. Si sarebbe giunti ad un'archiviazione anche se a decidere invece del napoletano Imperiali fosse stata la Santese? Impossibile dirlo, quello che e' certo e' che nonostante abbia chiesto il proscioglimento, lo stesso pm Amato ha pronunciato su Di Pietro un giudizio non certo lusinghiero, bollando il comportamento del leader dell'IDV come censurabile almeno dal punto di vista morale. 
Secondo Di Domenico pero' al gip Imperiali e' sfuggito un fatto non secondario. Uno degli episodi piu' controversi della vicenda presa in esame dai giudici romani riguarda la partecipazione di Di Domenico ad una riunione dell'assemblea dell'associazione IDV, tenutasi il 30 ottobre del 2003. La sentenza accerta che a quella riunione Di Domenico non partecipo' essendosi dimesso da socio poco prima, eppure la stessa sentenza non dispone come nulli gli atti deliberati da Di Pietro in un'altra assemblea tenutasi il 5 novembre 2003, sei giorni dopo, e che in mancanza di Di Domenico, ancora socio a tutti gli effetti secondo lo statuto, non poteva essere valida. 

LO STATUTO DEL RE SOLE
In quella sede Di Pietro ha approvato lo statuto aperto che gli aveva chiesto il suo ex socio e anche il bilancio del partito. Statuto aperto che pero' Di Pietro si rimangera' il 20 dicembre successivo quando si rechera' da un altro notaio (Di Pietro ha cambiato notai in modo vorticoso) e, dopo aver registrato le dimissioni di Di Domenico, fara' approvare un nuovo Statuto, quello che di fatto lo trasformera' nel Re Sole dell'IDV. Solo il 26 luglio del 2004 Di Pietro registrera' da un altro notaio l'ingresso di nuovi soci nell'associazione IDV. 
E proprio il tempo trascorso tra quest'ultima assemblea e la precedente, quella del 20 dicembre 2003, e' stato alla base di un ricorso al Tribunale di Milano inoltrato da Elio Veltri e Achille Occhetto. Secondo la loro tesi l'Associazione IDV in base al codice civile doveva essere dichiarata estinta perche' Di Pietro era rimasto per piu' di sei mesi socio unico. Il ricorso di Veltri e Occhetto e' stato pero' rigettato dal giudice Tarantola. 
Insomma finora il leader dell'IDV, sia in sede penale che civile, se l'e' sempre cavata. Tuttavia Di Domenico ritiene di avere ancora alcune carte da giocare. Per percepire i rimborsi elettorali stabiliti dalla legge, i partiti debbono depositare presso i Ministeri dell'Interno e del Tesoro il proprio statuto. Ora nel caso del partito dell'ex ministro molisano, sostiene Di Domenico, accade che lo statuto depositato sia quello del 2001 e che in esso si stabilisca che ad approvare i bilanci sia l'Esecutivo nazionale del partito, mentre secondo lo statuto attualmente in vigore ad approvare i consuntivi e' l'assemblea dell'IDV. Accade quindi che lo Stato abbia erogato 22 milioni di euro ad un partito politico che, in base a quanto ufficialmente dichiarato presso i Ministeri competenti, approverebbe il suo bilancio con un organismo composto da sette persone, mentre in realta' i documenti contabili vengono esaminati da un organo di partito composto, come sappiamo, da Di Pietro, da sua moglie e dalla tesoriera Silvana Mura, da lui stesso nominata e da lui stesso revocabile. 
Insomma, le stesse persone che redigono il bilancio sono poi chiamate ad esaminarlo. Perche' il nuovo statuto non e' mai stato depositato nei Ministeri competenti? Una semplice dimenticanza? Secondo Di Domenico inoltre una norma dell'attuale statuto dell'IDV non e' compatibile con le leggi in vigore secondo le quali, in caso di scioglimento di un partito, a gestire il patrimonio dello stesso debbano essere i prefetti. L'articolo 12 dello statuto dell'IDV, dispone invece che a gestire il patrimonio in caso di scioglimento sia il presidente fondatore, ovvero Di Pietro stesso. 
 Questo particolare era stato rilevato dalla gip Carla Santese che lo aveva riportato nel decreto di fissazione dell'udienza preliminare, attribuendo a Di Pietro il reato contemplato dall'articolo 640 bis del codice penale, ovvero, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Ma anche questa possibile imputazione su sollecitazione della procura capitolina e' stata lasciata cadere dal giudice per le indagini preliminari Luciano Imperiali e Di Pietro ha potuto continuare a gestire indisturbato il suo partito e i cospicui rimborsi statali che, dopo il boom di suffragi delle ultime politiche, raddoppieranno o quasi. 
E a conferma della tesi che i soldi sono per Di Pietro davvero importanti, l'ultimo voltafaccia politico dell'ex magistrato potrebbe avere come movente proprio il danaro: se il gruppo parlamentare unico con il partito democratico sbandierato in campagna elettorale non si fara' piu' e' anche perche' Di Pietro si e' accorto che da solo l'IDV, oltre ad avere piu' visibilita', incassera' anche piu' soldi.
[Fonte]

Mi fermo qui, altrimenti potrei riempire qualche centinaio di pagine.