mercoledì 10 marzo 2010

Ma la legge è veramente uguali per tutti?

Da quanto leggiamo sui media in questi giorni sembrerebbe proprio di no!
Una volta il fu Indro Montanelli raccontò che per una sua errata lettura di una clausola contrattuale con una casa editrice inglese, con la quale aveva firmato un contratto, fu costretto a ricorre alla magistratura per far valere le sue ragioni. Vinse la causa ed il suo commento fu: in Italia non sarebbe potuto mai accadere. Qui il giudice è veramente al di sopra delle parti e giudica secondo coscienza, anche quando la legge non è chiara.
Il caso delle liste del PdL presentate in ritardo a Roma è il caso lampante dell'applicazione della legge formale e non sostanziale, il cui danno maggiore è per il cittadino che viene privato del diritto di scelta. 
Ma siamo un popolo bue che non ha diritti, ma solo doveri e per non abbiamo giudici inglesi.  L'articolo che segue ne nè la testimonianza.    
 
Il rischio nascosto di questa sentenza: si potranno annullare i risultati delle urne

Che sia per i pasticci dei polli del Pdl o per quelle volpi dei magistrati che una ne pensano e cento ne trovano, alla fine i soli ad essere puniti saranno gli elettori. Dopo la decisione del Tar del Lazio di non ammettere il simbolo del Pdl non avranno infatti diritto di scelta le centinaia di migliaia di cittadini nella provincia di Roma. Di più: siccome il merito del ricorso verrà discusso a maggio, dopo avere votato, c'è anche il fondato rischio che il voto delle Regionali venga successivamente invalidato. E già accaduto a Messina per molto meno: una lite sull'eredità del simbolo ex Psi fra Bobo Craxi e Gianni De Michelis. Così alla beffa iniziale per gli elettori Pdl potrebbe aggiungersi la beffa bis per tutti: pagare di tasca propria due elezioni invece di una.
Ieri sera l'unica cosa certa era che il decreto vara to dal governo a nulla è servito. I listini di Roberto Formigoni in Lombardia e di Renata Polverini nel Lazio sono stati ammessi alla competizione elettorale a prescindere. Il Tar del Lazio se n'è fatto un baffo. Non avevano tutti i torti quindi Giorgio Napolitano, e il suo predecessore Oscar Luigi Scalfaro a sostenere che non il Pdl bisognava salvare, ma il diritto costituzionale di scelta dei suoi elettori, che oggi sono maggioranza nel paese. Lo spirito della Costituzione e delle leggi elettorali non può essere quello di punire gli elettori. Semmai sono loro a punire i partiti negando il voto. Bisognerebbe dunque trovare nelle norme elettorali la soluzione opposta a quella che emerge da questa vicenda: punire i partiti che commettano leggerezze ed errori e non gli elettori, che colpe non possono avere. Una sanzione proporzionata a un caso come quello di Roma, in cui il presentatore di lista arriva all'appuntamento in colpevole ritardo, potrebbe essere quella della decadenza dal diritto del rimborso elettorale per quella lista. Non è piccola punizione: per il Pdl del Lazio significherebbe dire addio a circa 11 milioni di euro in cinque anni, stando ai sondaggi della vigilia. Questo tipo di sanzione colpirebbe davvero i polli e non gli elettori (che anzi risparmierebbero qualcosa, visto che quei rimborsi vengono finanziati con le loro tasse). Poi ciascun partito se la vedrebbe con i responsabili delle negligenze da cui pretendere ristoro per il danno subito.
Una soluzione simile offrirebbe giustizia e non soppressione di diritti costituzionali come sta avvenendo. L'applicazione alla lettere della forma delle attuali regole elettorali non ha nulla a che vedere con la vera giustizia. Tanto più che le regole non sono uguali per tutti in tutta Italia. Ad esempio scalda tanto gli animi il decreto interpretativo del governo che non ha modificato nulla della legge (tanto che a nulla è servito), ma il Pd è stato zitto e ben felice davanti alla scelta della Regione Umbria di cambiare le regole del gioco elettorale con una nuova legge del gennaio 2010, che ha modificato tempi e modi di presentazione delle liste esentando dalla raccolta firme tutti i partiti che potevano contare su un gruppo consiliare già costituito. Sappiamo quanto siano generose le assemblee legislative nel concedere deroghe alla composizione dei gruppi: così nel Parlamento si è già fatto un regalino non da poco ad Antonio Di Pietro. In Umbria il gioco è servito a tenere fuori dalla porta i radicali, che lì davano fastidio. Un sopruso passato in cavalleria. Si riempono tutti la bocca di prediche sul rispetto delle regole, ma appena le regole mettono a rischio la loro pagnotta, possono finire tranquillamente sotto i piedi. E quella pagnotta che deve essere pena del contrappasso. Ma la tolgano ai partiti, non ai cittadini.

• da Libero del 9 marzo 2010, di Franco Bechis