lunedì 30 maggio 2011

E adesso staremo a vedere cosa succederà...


Con l'elezione dell'ex pm De Magistris i napoletani hanno risolto tutti i loro problemi.  
De Magistris dixit: "Abbiamo scassato, ora Napoli è libera", ad iniziare dalla spazzatura che l'ex pm farà sparire magicamente, oltre naturalmente al debellamento della camorra. 
Ma liberata da chi? 
Prima di lui chi l'ha governata Napoli per oltre 15 anni? Mi pare di ricordare che sono stati Bassolino e la Iervolino, entrambi sindaci della sinistra ed ora suoi alleati.

I milanesi, invece,  con l'elezione a sindaco di Pisapia, ex di Rifondazione comunista, ora con il SEL di Vendola, hanno risolto anch'essi tutti i loro problemi - smog - Fiere -Expo - lavoro - centri sociali - ecopass - occupazioni abusive - immigrati, ecc.

All'avvocato Pisapia ricordo una delle cose democratiche che gli sta tanto a cuore: la reciprocità dei diritti e delle azioni. 
Se permetterà di costruire moschee a Milano, lo faccia soltanto previa anologa autorizzazione del suo omologo arabo che autorizza noi italiani  a costruire una chiesa di religione cattolica nella città della Mecca in Arabia saudita.

Viva l'Italia! 

domenica 29 maggio 2011

Una nuona "moda" giornalistica: l'adde 31!

Travaglio difende Silvio Ops... è tutta colpa di quelle 31 righe in più


I giornalisti del Mattino rivendicano la pratica di allungare gli editoriali degli altri. Da Scalfari a Lerner, da Bocca a Santoro: ecco cosa leggeremmo se tutti facessero così.


Avete letto l’ultimo articolo di Travaglio? Al secondo capoverso, proprio lì, c’erano 31 righe meravigliose. Non sembrava nemmeno lui. Diceva: «Ho scritto 27.321 articoli contro il Cavaliere, ebbene devo ammettere che 27.317 erano sbagliati, 2 erano esagerati e 2 erano inopportuni». Poi chiedeva scusa, ricordava le inchieste sbagliate di De Magistris, sfotteva Di Pietro per via delle Mercedes e delle mercedi e annunciava di avere già in cantiere il prossimo libro, intitolato: «Sulla via di Arcore. Storia di una conversione». Pare che Travaglio non si sia riconosciuto molto in queste 31 righe, inserite a sua insaputa dalla redazione. Ma la protesta è stata respinta al mittente dal comunicato del cdr: «Nessuna alterazione o manipolazione. Sono stati aggiunti al testo solo alcuni dati per rafforzarne l’impianto».

E Giorgio Bocca? Anche lui al secondo capoverso, 31 righe meravigliose. Diceva che la Resistenza, beh, non è stata quella roba che hanno voluto farci credere, in fondo ha ragione Pansa, il Sangue dei vinti, il Triangolo della morte, i massacri dei partigiani rossi sono stati coperti per troppo tempo. Poi non è mica vero che va tutto così male, Berlusconi l’è un brav fioeu, ai tempi di Milano 2 pagava anche piuttosto bene, per altro. Ci si poteva rifare la cantina con tutti quei soldi e pure il guardaroba, senza dover chiedere aiuto all’amico Missoni. Pare che anche Bocca non si sia riconosciuto molto in queste 31 righe, inserite a sua insaputa dalla redazione. Ma la protesta è stata respinta al mittente dal solito comunicato del cdr: «Nessuna alterazione o manipolazione. Sono stati aggiunti al testo solo alcuni dati per rafforzarne l’impianto».

Che cosa non si fa, del resto, per rafforzare un impianto, eh? Da quando il cdr del Mattino di Napoli ci ha dato questa bella lezione di giornalismo, per cui è legittimo inserire 31 righe (31!) in un editoriale senza premurarsi di avvertire l’autore né di sapere se l’autore condivide, nei desk dei quotidiani di tutta Italia è esplosa la festa. D’ora in avanti, infatti, si pensa di poter generalizzare la pratica in modo da «rafforzare adeguatamente l’impianto» di tutti gli editorialisti. Così presto potremmo trovare Eugenio Scalfari che spiega i danni causati da De Benedetti all’economia italiana; Michele Serra che sfotte i Milly Moratti boys, sostenitori di Rifondazione a suon di miliardi e champagne; e persino Michele Santoro che si scusa per aver creduto al pataccaro Ciancimino e alle sue parole al vento. «Quest’anno il premio TeleRatti per la trasmissione più brutta dell’anno me lo merito io», dirà il fondo del conduttore di Annozero. Lui non l’ha mai scritto, per la verità. Ma, come dice il cdr, «serve per rafforzare l’impianto».

Naturalmente nessuno di questi articoli ancora esiste, se non nella nostra fantasia, così come non esistono quelli di Travaglio e Bocca citati all’inizio. Ma mai dire mai: perché riservare solo all’editorialista del Mattino Giovanni Orsina, il privilegio di quelle 31 righe che, secondo l’autore, tradiscono completamente il pensiero, ma secondo il cdr «rafforzano l’impianto»? Per molto meno abbiamo visto, negli ultimi anni, l’Ordine dei giornalisti scatenato, commissioni riunite, sospensioni e censure distribuite a piene mani. Se qui non succede nulla, beh, vuol dire che la pratica è consentita. I desk fanno bene a esultare: d’ora in avanti ognuno può prendersi il suo editorialista di riferimento e usarlo à la carte, modificandogli il pensiero con 31 righe al secondo capoverso. A me, per esempio, piacerebbe un Mughini tifoso del Toro. Ve lo immaginate? «Aborro la Juve, adoro il granata». Serve per rafforzare l’impianto.

Non è una meraviglia? Piergiorgio Odifreddi potrebbe trovarsi a scrivere: «Caro Papa, ti chiedo scusa» (31 righe di dati sulla necessità di credere in Dio). Giovanni Sartori potrebbe trovarsi a scrivere: «Il Sultanato non esiste, Berlusconi ha salvato la democrazia» (31 righe di dati per dimostrare la necessità di credere nel Cavaliere). E Gad Lerner potrebbe trovarsi a scrivere: «Basta con il moralismo sul corpo delle donne, è tutta invidia perché non riesco più a farmi una velina» (31 righe di dati per dimostrare la necessità di rivalutare Striscia e il Drive In). Tutta roba forse un po’ contraria al pensiero degli autori, ma che ci volete fare? Serve per «rafforzare l’impianto».

La fortuna potrebbe toccare, naturalmente, anche agli editorialisti di questo giornale: nel fondo del direttore Sallusti comparirebbero 31 righe di elogio a D’Alema («come insulta lui, non insulta nessuno»), Marcello Veneziani dedicherebbe 31 righe di ode alla Padania e Nicola Porro si troverebbe 31 righe sull’economia così stataliste da sembrare scritte direttamente dal portavoce di Clelio Darida alle Partecipazioni Statali. A proposito, adesso che ci penso, non sono neanche sicuro di averlo scritto tutto io quest’articolo. Qualcuno potrebbe farmi la cortesia di aggiungermi 31 righe che non condivido per rafforzarne l’impianto? Adesso si usa così. È la moda del new journalism, intelligente e chic. Bisogna adeguarsi ai tempi. Brutti tempi, per altro, se il buon giorno si vede dal Mattino.







sabato 28 maggio 2011

Ultima puntata sul possibile futuro sindaco di Napoli, l'ex pm De Magistris



Colleziona errori pur di farsi vedere: 

è de Magistris

 

Sue inchieste sono state sempre accompagnate da un grande clamore mediatico. Risultato?

Tutti assolti! 

 (E adesso i danni li pagheremo noi, popolo bue, NdB)

Facciamoci del male e tentiamo di riesumare le rumorosissime inchieste del tardo De Magistris, un pm che chiamò i suoi procedimenti «Poseidone», «Why not» e «Toghe lucane»: già questo meritava seri interrogativi. A complicare le cose, anzitutto, è il fatto che spesso le inchieste erano intrecciate tra loro, e gli indagati spuntavano e rispuntavano da faldone all’altro.

L’inchiesta Why not. L’indagine più rumorosa rimane (rimaneva) Why not, che prendeva il nome da una società di Lamezia Terme che forniva alla Regione dei tecnici informatici. Una dei soci ed amministratore della Why Not, Caterina Merante, diede il via a indagini che ipotizzavano un gruppo di potere trasversale tenuto insieme da una loggia massonica coperta: la «La Loggia di San Marino». Questa loggia, secondo il pm, influiva sulle scelte delle amministrazioni pubbliche per l’utilizzo di finanziamenti e per l’assegnazione di appalti: De Magistris indagò 19 persone per associazione per delinquere, truffa, corruzione, violazione della legge Anselmi e finanziamento illecito dei partiti. Il 18 giugno 2007 il pm fece eseguire dai carabinieri 26 perquisizioni nei confronti, tra altri, di Pietro Scarpellini, consulente non pagato della Presidenza del Consiglio; nell’inchiesta risultarono indagati anche il segretario dell’Udc Lorenzo Cesa, il consulente Luigi Bisignani e il senatore Giancarlo Pittelli di Forza Italia, anche se il ruolo centrale doveva appartenere all’imprenditore Antonio Saladino, allora presidente della Compagnia delle Opere della Calabria. Altri indagati furono il generale Paolo Poletti (capo di Stato Maggiore della Guardia di Finanza) e poi il diessino Nicola Adamo e il margheritino Mario Pirillo e altri ancora. È l’inchiesta nota per il famigerato «scontro tra procure», coi togati di Catanzaro e Salerno a litigare meritandosi i primi interventi del Csm. Morale: l’avviso di conclusione indagini fu notificato a 106 persone tra le quali l’ex presidente della Regione Calabria Agazio Loiero e il suo predecessore Giuseppe Chiaravalloti.

L’indagine ruotava anche attorno a dei presunti contatti tra l’imprenditore ciellino Antonio Saladino e l’allora presidente della Commissione Europea Romano Prodi: ma poi risultò che c’era stato soltanto un rapporto amichevole tra Prodi e questo Saladino e la cosa finì in nulla. Poi c’è il caso di Clemente Mastella: negli atti dell’inchiesta figurano alcune intercettazioni riguardanti il ministro della Giustizia, che in precedenza aveva chiesto il trasferimento di De Magistris: da immaginarsi il bailamme sui giornali. Anche la posizione di Mastella alla fine sarà archiviata, mentre a scomparire dai capi di imputazione fu anche la violazione della Legge Anselmi sulle organizzazioni segrete: in pratica non rimase in piedi quasi nulla, anche perché la procura di Roma avocò l’indagine e si accorse che non stava in piedi. Venne anche fuori che le dichiarazioni di Caterina Merante - principale teste d’accusa in Why - secondo i giudici «costituiscono un’ipotesi congetturale espressa in maniera del tutto opinabile e possibilista… presentandosi prive di contenuto penalmente rilevante». La Merante finì imputata per diffamazione. E la famigerata «Loggia di San Marino»? Ben due questure appurarono che in pratica non era mai esistita.

Il 2 marzo 2010 ci fu il processo con rito abbreviato e il gup assolse 34 dei 42 imputati accusati di peculato, truffa e abuso d’ufficio. Caddero tutte le ipotesi di associazione per delinquere, corruzione, peculato e truffa. L’imprenditore Antonio Saladino è stato condannato a due anni di reclusione (pena sospesa) soltanto per concorso in abuso d'ufficio. Altri scelsero il giudizio ordinario, ma il gup dispose 28 assoluzioni e 27 rinvii a giudizio per tutt’altre questioni rispetto alle cosmogonie disegnate da De Magistris.
L’inchiesta Toghe lucane. De Magistris si mise in testa che un altro «comitato d’affari della Basilicata contemplava a vario titolo politici, magistrati, avvocati, imprenditori e funzionari vari. La guardia di Finanza, perciò, nei primi mesi del 2007 fu spedita a perquisire le abitazioni e gli uffici, tra altri, del sottosegretario allo Sviluppo economico Filippo Bubbico (Ds) e del procuratore generale di Potenza Vincenzo Tufano e dell’avvocato Giuseppe Labriola e della dirigente della Polizia Luisa Fasano. Altro bailamme: si ipotizzavano anche corruzione in atti giudiziari e associazione per delinquere aggravata.

Il diessino Bubbico, secondo il pm, era «il punto di riferimento politico apicale, unitamente ad altri appartenenti alla politica», nel famigerato «comitato di affari» al centro di un’inchiesta che intanto era pompatissima dalla stampa (in particolare dagli articoli di Carlo Vulpio del Corriere dell Sera, poi eurocandidato con Di Pietro) e per farla breve: non è rimasto niente. Per quasi tutti i 30 indagati è stata richiesta l’archiviazione o l’assoluzione. Ed è stato per alcune presunte irregolarità nella gestione di «Toghe lucane» che ministro della Giustizia Mastella chiese il trasferimento cautelare di De Magistris: anche se il gip di Salerno Maria Teresa Belmonte, nel 2009, ha prosciolto il pm che intanto si era dimesso da mesi. Morale: nel marzo 2011 tutta l’inchiesta è stata archiviata dal gup di Catanzaro Maria Rosaria di Girolamo, che ha definito l’impianto accusatorio «lacunoso» e tale da non presentare elementi «di per sé idonei» a esercitare l’azione penale. Tutti prosciolti.


 di Filippo Facci 
[Fonte

martedì 24 maggio 2011

Ennesima conferma che agli italiani manca la memoria!

Viaggio tra i flop di De Magistris, il pm moralizzatore.  Buchi nell'acqua e inchiesta farsa firmate dal candidato Idv a Napoli contro Lettieri.  
 
E' davvero finita, se persino Marco Pannella ha detto realmente che il togato
Luigi De Magistris «non lo hanno fatto lavorare»: abbiamo perso la memoria o abbiamo perso Pannella, cioè uno che conosce Napoli - si pensava - e che tuttavia, adesso, sostiene un perfetto erede di quel genere di magistrati che distrussero Enzo Tortora. Faccia pure, Pannella, si turi il naso, se lo mozzi, ma prima legga qui. Perché peggio dell’informazione che non c’è - sacrosanta lagnanza dei radicali - c’è il non conoscere la poca informazione che c’è.  

La clinica degli orrori. Poco si sa, infatti, della reale carriera di Luigi De Magistris, un uomo che in fin dei conti andrebbe giudicato per le sue opere. Il candidato sindaco fu nominato magistrato di tribunale l’8 luglio 1996 e giunse a Catanzaro quell’anno stesso, 29enne; si presentò ai colleghi incitando sin da subito alla «moralizzazione della cosa pubblica» e quest’ultima espressione comparirà nell’ordine d’arresto della sua prima inchiesta importante, la 1471/96, un’indagine grazie alla quale ventuno incensurati di una clinica privata, Villa Nuccia, finirono in galera con le accuse più turpi: violenza contro un centinaio di malati mentali, omicidio dei medesimi, favoreggiamento di latitanti, falsi certificati per esonerare dei figli di mafiosi dal militare, cose così. De Magistris mostrò già allora un’indubbia disinvoltura nel contestare il peggio: sequestro di persona, omicidio, falso, maltrattamenti, associazione per delinquere finalizzata alla corruzione. Il clamore mediatico fu enorme, e la stampa prese finalmente conoscenza del personaggio: su Raidue, La vita in diretta si soffermò sul caso per settimane. Tutto era fondato sulle confidenze rese a De Magistris da Mario Ammirato, un ex infermiere; oltre alle sue parole, il nulla. Le richieste d’arresto iniziavano così: «Nell’ambito dell’attività di indagine rivolta alla moralizzazione della cosa pubblica... ».

Era già partita la lunga rincorsa di Luigi De Magistris verso fantomatiche lobby di potere da perseguire a tutti i costi. Tra gli arrestati principali c’era il primario Antonino Bonura, già medico militare pluridecorato con diverse missioni all’estero alle spalle: peraltro era medico legale nella stessa Procura che l’aveva arrestato, e dopo la carcerazione gli venne un infarto. De Magistris, a un anno dal primo arresto, lo incarcerò una seconda volta: fu l’unico errore di cui il magistrato ebbe a scusarsi pubblicamente.
È di allora anche un primo tentativo di coinvolgere in qualche modo Giuseppe Chiaravalloti, ai tempi avvocato generale presso la Corte d’Appello e futuro presidente della Regione: il pm lo tirò in ballo sul presupposto che in clinica avesse abbracciato Antonino Bonura.

De Magistris chiese i rinvii a giudizio del caso, ma l’udienza preliminare sfociò in una sentenza di non luogo a procedere per tutti: Vittoria Palazzo, Corrado Decimo, Vincenzo Lombardi, Achille Tomaino, Massimo Aria, Giuseppe Giannini, Francesco Trapasso, Alfonso Colosimo, Salvatore Moschella e Giovanni Ferragina. Prosciolti.
De Magistris impugnò la sentenza, ma il 22 gennaio 1999 la Corte d’Appello di Catanzaro confermò i proscioglimenti in toto.
La vicenda, complicatissima, si inerpicherà in un totale di undici processi in dieci anni, e alla fine saranno assolti tutti gli imputati tranne uno: Mario Ammirato, proprio lui, il confidente di De Magistris. Il cardiopatico Bonura e il trapiantato di fegato Salvatore Moschella, invece, ricevettero rispettivamente 50mila e 180mila euro per ingiusta detenzione. Ma la clinica era ormai sputtanata e dovettero cederla. La Corte d’Appello liquidò ingenti riparazioni anche per gli altri. (il pm ha sbagliato e a pagare siamo stati noi, gli italioti-cittadini buoi... NdB)
Sono di allora i primi scontri con Giancarlo Pittelli, avvocato dei succitati e negli anni a venire parlamentare di Forza Italia: per De Magistris una sorta di nemico pubblico. Sempre in campo sanitario, Pittelli fronteggerà il magistrato in molti altri procedimenti tra i quali uno discretamente demenziale: De Magistris accusò di falso alcuni farmacisti comunali che a suo dire non avevano obliterato alcune fustelle, ossia i talloncini dei prezzi che ci sono sulle scatole dei medicinali; tuttavia verrà fuori che i farmacisti non avevano potuto obliterare le fustelle perché De Magistris, per altro procedimento, gli aveva già sequestrato l’apparecchietto per l’obliterazione. Archiviato tutto.


L’abuso che non c’era. Il secondo clamoroso buco nell’acqua fu il procedimento 496/97, dove De Magistris accusò di abuso d’ufficio gli amministratori comunali Giovanni Alcaro, Giuseppe Mazzullo, Lucia Rubino, Valerio Zimatore, Domenico Tallini, Michelino Lanzo, Costantino Mustari e Fausto Rippa. L’accusa, in sostanza, fu quella d’aver riassunto in comune questo Fausto Rippa con una delibera irregolare. A stabilire che lo era, regolare, c’era già una sentenza del Tar, la numero 864 del 5 settembre 1995: ma De Magistris chiese il rinvio a giudizio lo stesso, e il 15 dicembre 1997 il giudice decise per il non luogo a procedere. Motivazione: insussistenza del fatto. L’appello di De Magistris verrà dichiarato inammissibile. Ma la sua clamorosa carriera - fatta, appunto, di clamori - era appena incominciata.

di Filippo Facci, prima puntata.
Continua 

[Fonte] Libero-news.it 

venerdì 13 maggio 2011

Ecco il metodo della sinistra quando una notizia è poco gradita...

Questa notiziola,  di questi tempi di guerra alla Libia, non faceva comodo al bolognese Romano Prodi  che gli italiani,  a suo dire, vorrebbero nuovemente a capo del governo.  
Qualche mente eccelsa dei "democratici" di sinistra,  già dell'ulivo, ha pensato di farla sparire dal sito web della fondazione Téresys,  dimenticando o non sapendo che la rete ha una memoria più che elefantiaca. 

Non dimentica nulla di nulla, in special modo i server di Big G!

Notiziola che ho ritrovato su un numero della rivista Panorama.

Se una cosetta del genere l'avesse fatto l'entourage del Cav. (ma non sono sprovveduti fino a questo punto, almeno spero), i soliti quotidiani la Repubblica e il Fatto, il tribuno televisivo Santoro, e il noto pluripregiudicato per diffamazione Marco Travaglio ci sarebbero andati a nozze, con e senza fichi secchi,  per un bel po' di giorni e giorni.

Viva l'Italia!!! 

Clicca per ingrandire

giovedì 12 maggio 2011

Domenica prossima, 15/5, si vota. Ricordate a chi darete il vostro voto, che non sia uno di questi, o un suo parente, affine oppure amico!


Giancarlo Abete,FIGC
Sono oltre 2.200 gli ex parlamentari a cui paghiamo la pensione. Politici che, magari, hanno passato anche un giorno solo sugli scranni del Parlamento (Camera o Senato non fa differenza). Ecco la lista di chi sono e di quanto prendono (al lordo delle tasse) ogni mese.
Dopo il nome e il cognome, sono riportati il numero di anni di contributi versati (reali o figurativi). Poi l’importo dell’assegno mensile tuttora percepito e la Camera di provenienza. I dati sono aggiornati al 2007.



NOME

COGNOME

ANNI

IMPORTO

PARLAMENTO

Cosimo

Abate

5

3.108

Camera

Massimo

Abbatangelo

20

8.455

Camera

Michele

Abbate

5

3.108

Camera

Amaele

Abbiati

5

3.108

Camera

Angelo

Abenante

15

6.590

Senato



15

6.590

Camera

Lucio

Abis

27

9.636

Senato

Falco

Accame

10

4.725

Camera

Maria Chiara

Acciarini

10

4.725

Senato

Achille

Accili

25

9.387

Senato

Veniero

Accreman

12

5.471

Camera

Michele

Achilli

28

9.760

Senato

Modestino

Acone

5

3.108

Senato

Lorenzo

Acquarone

25

9.387

Camera

Gennaro

Acquaviva

10

4.725

Senato

Andrea

Agnaletti

5

3.108

Camera

Paolo

Agostinacchio

15

6.590

Camera

Gerardo

Agostini

5

3.108

Senato

Mauro

Agostini

15

6.590

Camera

Alberto

Aiardi

25

9.387

Camera

Aldo

Ajello

10

4.725

Camera

Egidio

Alagna

10

4.725

Camera

Vincenzo

Alaimo

5

3.108

Camera

Giovanni

Alasia

5

3.108

Camera

Enrico

Alba

9

4.351

Camera

Gian Mario

Albani

5

3.108

Senato

Aureliana

Alberici

15

6.590

Senato

Guido

Alberini

20

8.455

Camera

Giuseppe

Albertini

20

8.455

Camera

Liliana

Albertini

6

3.232

Camera

Edgardo

Alboni

10

4.725

Camera

Guido

Alborghetti

20

8.455

Camera

Peppino

Aldrovandi

10

4.725

Camera

Giuseppe

Aleffi

5

3.108

Camera

Alberto

Alessi

15

6.590

Camera

Giuseppe

Alessi

10

4.725

Camera

Urbano

Aletti

5

3.108

Senato

Gennaro

Alfano

10

4.725

Camera

Tommaso

Alibrandi

5

3.108

Camera

Abdon

Alinovi

20

8.455

Camera

Gianfranco

Aliverti

27

9.636

Camera

Paolo

Allegra

10

4.725

Camera

Cesare

Allegri

15

6.590

Camera

Piergiorgio

Allera

10

4.725

Camera

Fortunato

Aloi

20

8.455

Camera

Giuseppe

Aloise

5

3.108

Camera

Francesco

Aloisio

10

4.725

Camera

Angelo

Altea

10

4.725

Camera



22

8.828

Camera

Giuseppe

Alveti

10

4.725

Camera

Giovanni

Amabile

15

6.590

Senato

Malgari

Amadei

5

3.108

Camera

Giuseppe

Amadei

31

9.947

Camera

Domenico

Amalfitano

20

8.455

Camera

Giuseppe

Amarante

10

4.725

Camera

Giuseppe

Amato

10

4.725

Camera

Gaetano

Ambrico

5

3.108

Camera

Franco

Ambrogio

15

6.590

Camera

Fausto

Amodei

5

3.108

Camera

Natale

Amodeo

15

6.590

Camera

Salvatore

Ando’

20

8.455

Camera

Renato

Andreani

5

3.108

Camera

Elios

Andreini

10

4.725

Senato

Giuseppe

Andreoli

15

6.590

Camera

Tarcisio

Andreolli

5

3.108

Senato

Giovanni

Andreoni

29

9.885

Camera

Antonio

Andriani

10

4.725

Senato

Vittorio

Angelici

5

3.108

Camera

Gastone

Angelin

10

4.725

Senato

Piero

Angelini

15

6.590

Camera

Giordano

Angelini

20

8.455

Camera

Luana

Angeloni

15

6.590

Senato

Alcide

Angeloni

10

4.725

Senato

Uber

Anghinoni

15

6.590

Camera

Franco

Angioni

5

3.108

Camera

Gianfranco

Annedda

20

8.455

Camera

Tina

Anselmi

30

9.947

Camera

Silvio

Antoneellis

10

4.725

Camera

Varese

Antoni

15

6.590

Camera

Dario

Antoniozzi

31

9.947

Camera

Bruno

Antonucci

5

3.108

Camera



5

3.108

Camera

Giacomo

Archiutti

10

4.725

Senato

Rosario

Ardica

5

3.108

Camera

Luigi

Arisio

5

3.108

Camera

Giuseppe

Arlacchi

10

4.725

Senato

Costantino

Armani

5

3.108

Senato

Silvano

Armaroli

10

4.725

Camera

Paolo

Armaroli

5

3.108

Camera

Baldassare

Armato

30

9.947

Camera

Lino

Armellin

20

8.455

Camera

Patrizia

Arnaboldi

5

3.108

Camera

Gian Aldo

Arnaud

23

9.014

Camera

Luigi

Arnone

10

4.725

Senato

Mario

Arnone

6

3.232

Camera

Alfredo

Arpaia

5

3.108

Camera

Mario

Artali

5

3.108

Camera

Rossella

Artioli

15

6.590

Camera

Renato

Ascari Raccagnini

10

4.725

Camera

Elio

Asirelli

10

4.725

Senato

Alberto

Asor Rosa

5

3.108

Camera

Franco

Assante

10

4.725

Camera

Maruzza

Astolfi

10

4.725

Camera

Giuseppe

Astone

20

8.455

Camera

Gianfranco

Astori

15

6.590

Camera

Francesco

Auleta

10

4.725

Camera

Giuseppe

Averardi

15

6.590

Camera



20

8.455

Senato

Giovanni

Azzaretti

5

3.108

Senato

Giuseppe

Azzaro

34

9.947

Camera



5

3.108

Camera

Luciano

Azzolini

15

6.590

Camera