sabato 23 ottobre 2010

QUELLO CHE RESTA DELLA DOLCEZZA DI CONFINDUSTRIA...

Com'era dolce la Confindustria, prima di Emma! C'era una volta un'istituzione aperta, plurale, senza barriere politiche e/o ideologiche, dove s'incontravano gli economisti con i giornalisti, i professori con gli imprenditori - giovani e meno giovani, l'esperienza e l'ambizione - in un clima sereno, in luoghi meravigliosi come Capri, Santa Margherita Ligure, oppure nelle sedi austere delle associazioni sul territorio.

Ovunque si fosse, ci si chiudeva per giorni a discutere di futuro. C'era un giornale - Il Sole 24 ore - che andava a gonfie vele, e un supplemento domenicale che era la piazza italiana più seguita per il dibattito culturale. C'è ancora, per fortuna, una grande università, la Luiss (tenuta al riparo, in mani sicure come quelle di Piero Celli), che resisterà allo stress delle ultime polemiche.

Che peccato. Ci si attendeva, da una donna importante, con alle spalle un patrimonio di lavoro e di capitale così ampio, che l'Aquila di viale Astronomia volasse alta. Invece, si è ripiegata in un ghigno arcigno e piuttosto indecifrabile. I presidenti del passato erano riusciti quasi sempre a non sovrapporre i loro profili privati - con i relativi, inevitabili, problemi - quando parlavano a nome del meglio dell'impresa nazionale. E sceglievano, non a caso, dei portavoce adatti al dialogo.
 
Barbara Palombelli per Vanity Flair

I risultati di gestione - per voi imprenditori così decisivi - registrano un passivo notevole. Che farà, ora, Emma? I fronti aperti sono diversi, e dare la colpa ai «veleni» non è da donna forte, ma da politicante. Ricostruire un clima e una credibilità è possibile, ma molto difficile. La dolcezza, poi... resterà solo un ricordo?