sabato 26 febbraio 2011

Case regalate e prestiti: tutti i record di Di Pietro

Come sempre pubblico con piacere quanto scrive Filippo Facci, uno dei pochi giornalisti, se non l'unico, che conosce  a menadito il passato dell'ex tutto Di Pietro. 

  Il leader Idv protesta al Trivulzio e sente odore di nuoiva Tangentopoli. Ma si scorda il suo passato...

«Gheddafi!, Noriega!, Hitler!, Videla!, Dracula!, Nerone!, Pilato!, Erode!, Saddam!, Vanna Marchi!, nazista!, fascista!, razzista!, piduista!, antisemita!, mafioso!, serpente a sonagli!». A tutte le volanti, attenzione, si segnala la presenza di un pazzo urlante che si dirige in direzione Sud Milano: dovrebbe trattarsi del noto Di Pietro Antonio, parlamentare della Repubblica, figuro che ha già preannunciato i propri movimenti a mezzo di apposito comunicato: «Lunedì 28 febbraio, alle 10,30, organizzerò un presidio davanti la sede del Pio Albergo Trivulzio. Vado per testimoniare che in 19 anni non ho mai mollato il mio impegno civile rispetto a quello che ritengo sia il problema dell’Italia, la legalità. E per denunciare che dalla lezione del Trivulzio la politica non ha tratto nessun insegnamento per modificare i propri comportamenti (Sic! NdB)».
Qui centrale, a tutte le volanti: alla luce del predetto comunicato è perciò possibile vaticinare il percorso che il Di Pietro seguirà da qui al citato 28 febbraio; i turni di sorveglianza andranno di conseguenza organizzati tenendo conto delle future probabili tappe:

A tutte le volanti
1) Passaggio romano in via Principe Eugenio, dove il Di Pietro nel 2005 acquistò un appartamento di 235 metri quadri (costo: 1.045.000 euro) e poi lo affittò al Partito per una cifra che andava a coprire e superare la rata mensile del mutuo che intanto aveva acceso: il Di Pietro cioè affittava ad Antonio Di Pietro che pagava coi soldi del finanziamento pubblico ai partiti. In concreto: Di Pietro, con il denaro pubblico del partito, cioè dei contribuenti, comprava casa per sé. In seguito ad articoli di stampa e interpellanze parlamentari che scopriranno l’altarino, il Di Pietro nel 2007 deciderà di vendere l’immobile a 1.115.000 euro.
2) Passaggio bergamasco via Antonio Locatelli, in pieno centro, dove il Di Pietro nel 2006 acquistò un appartamento di 178 metri quadri (costo: 261.661 euro, un incredibile affare regalato dalla cartolarizzazione degli immobili dell’Inail) per poi ancora affittarlo al partito Italia dei Valori, cioè a se stesso, che lo ripagò con soldi pubblici.
3) Passaggio milanese in via Andegari, angolo via Manzoni, presso lussuosa palazzina in affitto: il Di Pietro la ottenne dal Fondo Pensioni Cariplo nel 1991 con canone cosiddetto equo di 234 mila lire il mese, comprese le spese di ristrutturazione. L’appartamento fu poi passato al figlio Cristiano - procedura irregolare, perché il contratto proibiva ogni genere di subaffitto - e l’assegnazione ebbe luogo non solo ignorando la prevista graduatoria d’attesa, ma saltando di netto anche l’apposita commissione affittanze: questo grazie al cordiale appoggio dell’allora sindaco Paolo Pillitteri e del vicepresidente Cariplo Sergio Radaelli, già cassiere socialista.
4) Passaggio milanese in via Felice Casati, dove il Di Pietro nel 2004 acquistò un appartamento di 188 metri quadri (costo: 614.500 euro) e subito dopo lo affittò al partito Italia dei Valori per 2800 euro al mese, cifra che andava a coprire e superare la rata mensile del mutuo che intanto aveva acceso: lo stesso schema seguito sopra. Di Pietro, con il denaro pubblico del partito, cioè dei contribuenti, comprava casa per sé.

Camaleontico
Qui centrale, a tutte le volanti, si tenga conto che il suddetto percorso è suscettibile di cambiamenti: avendo il Di Pietro genericamente parlato di comportamenti poco ortodossi della classe politica - ergo di prebende e di privilegi favoriti dal potere ottenuto - è possibile che il citato, prima di passare al Trivulzio per cospargersi il capo di cenere, possa modificare il proprio pellegrinaggio anche in virtù dei seguenti riferimenti personali: cento milioni senza interessi presi in prestito dall’imprenditore inquisito (allora) Giancarlo Gorrini, soldi restituiti con assegni circolari poi incassati e avvolti in carta di giornale poco prima di dimettersi nel 1994; altri cento milioni senza interessi dall’imprenditore inquisito (allora) Antonio D’Adamo, soldi restituiti nel 1995 in una scatola da scarpe; decine o centinaia di milioni (cifra imprecisata) ottenuti per il pagamento del debito dell’amico Eleuterio Rea (da Gorrini, D’Adamo e Franco Maggiorelli); una Mercedes Ce da 65 milioni (da Gorrini) rivenduta all’avvocato Giuseppe Lucibello per 20 milioni (cinquanta, secondo una sentenza bresciana) con i quali il magistrato si è poi comprato una Fiat Tipo bianca, soldi che sono stati restituiti con assegni circolari emessi nel maggio 1994 ma incassati in novembre; una Lancia Dedra la moglie (da D’Adamo); utilizzo stabile di una garçonnière dietro piazza Duomo (da D’Adamo) fino all’inizio del 1994; utilizzo di una suite da 5-6 milioni al mese, per almeno un anno e mezzo, al Residence Mayfair di Roma, dietro via Veneto (da D’Adamo) a partire dall’89; ottenimento di pacchetti di pratiche legali per la moglie di Di Pietro (da Gorrini); altre consulenze legali per la moglie (da D’Adamo) con contratti di consulenza per complessivi sessantadue milioni; impiego del figlio, due volte, alla Maa (da Gorrini); vestiario di lusso nelle boutique Tincati, Fimar e Hitman di Milano (da D’Adamo) con taglia drop 56; un telefono cellulare per sé (da D’Adamo) e poi un altro intestato al suo collaboratore Rocco Stragapede (da D’Adamo): almeno quindici biglietti aerei Milano-Roma (da D’Adamo); ombrelli, agende, penne e cartolame vario (da Gorrini); stock di calzettoni al ginocchio (da Gorrini); viaggi in jet privato per partite di caccia in Spagna, Polonia e nella riserva astigiana di Giovanni Conti (da Gorrini); una libreria destinata alla casa di Curno (acquistata tramite D’Adamo).
A tutte le volanti, forse è meglio raddoppiare i turni di sorveglianza.

di Filippo Facci, 26/02/2011