sabato 10 settembre 2011

Ecco un altro che pontifica su tutto... possiamo accettare lezioni da simili personaggi?

Adriano Sofri

La barzelletta sulle suore che indigna il mandante dell’omicidio Calabresi

Brividi di fine estate in Largo Fochetti. 
Ne dava conto ieri sulla Repubblica Adriano Sofri, svelando che nell’udire la barzelletta raccontata, a mo' di metafora, da Maurizio Sacconi, gli calò addosso il gelo. Non accontentandosi delle parole, inadatte a descrivere un gelo di tal fatta, Sofri ne ha offerto ai lettori una visione plastica: due righe bianche nel bel mezzo del testo. Precisando, perché se no chi la capiva quella trovata: ecco, vedete, quelle righe vuote sono «per emulare il gelo» che m’attanagliò al sentire la barzelletta sulle suore. Forse faceva meglio al caso il disegnino di un termometro col mercurio a meno 20 o il classico «brrrr...», ma non è questo che conta. Conta il fatto che un uomo, un assassino che manda a morte - ucciso come un cane - il commissario Calabresi senza provar geli di sorta e anzi ritrovandosi tutto un bollore («Giustizia è fatta!») si abbia poi la termogenesi in subbuglio per una barzelletta. E che con quella coscienza un tanto al chilo che si ritrova, si picchi di salire in cattedra per impartire - il ditino puntato - lezioncine moraleggianti facendosi giudice di ciò che è bene e ciò che è male.
Termogenesi in subbuglio, si diceva: per non parlare del cervello andato in cimbali perché attorno alla storiella delle suore (boccaccesca, sicuro: ma non credo che Sofri abbia battuto i denti dal freddo leggendo le novelle del Decamerone, zeppe di sesso, di suore scavezzacolle e fratacchioni scalmanati) cucina un pappone, una tartufescha mappazza senza capo né coda. Mettendo insieme lo sciopero, la manovra, la Camusso (anzi: «la signora segretaria generale della Cgil»), il siamo uomini o caporali, l’essenza del bigottismo, le monache caste, le monache stuprate e le monache obiettrici, un bel «vaffa», un cabalistico hodjatolestam, il maschilismo («volgare», neanche a dirlo), il soave femminismo, Susanna al bagno con codazzo di vecchioni e sciami di calabroni che ronzano, la psicoanalisi elementare, il Partito Socialista, lo Statuto dei lavoratori, Eluana Englaro, la Costituzione «fondata sul lavoro», Pomigliano, Sacconi che prende «roba fortissima» (Centerbe Toro? Coca?) il «fanatismo clericale» e il «vanto peculiare» della laicità, Bruxelles e Rina Giarretta «che fa la suora» (ecco: non gelo, ma «che fa la suora» - non si «fa», si «è» suore - io lo trovo più volgare della storiella raccontata da Sacconi). Il tutto nell’ordine, senza un coerente filo logico, ma arronzato sull’onda di una turgida, ventosa indignazione che gli fa dire: pur di non raccontarla, quella barzelletta, «altri uomini si sarebbero piuttosto fatti tagliare la lingua». E quelli che pur di non assassinare un commissario di Polizia si sarebbero fatti tagliare una mano? Se ne riparla la prossima volta? 

di Paolo Granzotto [VIA]