domenica 3 aprile 2011

Pensioni di platino!

Lavoratori per un giorno, pensionati per la vita


Scalfari, deputato per 3 anni, incassa oltre 3mila euro al mese. Non èil solo privilegiato: da Ciampi a Toni Negri, quando bastano poche mensilità di contributi per vitalizi d’oro. Il radicale Boneschi fu in carica solo il 12 maggio 1982: in pensione a 44 anni

Fino a 65 anni? Trentacinque anni di contributi? Quaranta? Quanto pensate di dover ancora faticare prima di poter battere cassa all’Inps? E vabbè, consolatevi: ci sono alcuni italiani che, a differenza vostra, da tempo ricevono la pensione avendo lavorato la bellezza di una settimana. O, meglio, la bellezza di un giorno. Proprio così: un solo giorno di lavoro, pensione per il resto della vita. Vi sembra strano? Forse. Ma vi sembrerà un po’ meno strano appena conoscerete il lavoro (si fa per dire) svolto dai fortunati sogget­ti. Si tratta, in effetti, di ex parlamentari. 
Cominciamo dall’avvocato Luca Boneschi? Ma sì, cominciamo da lui: eletto per i radicali nel collegio di Como, fu proclamato deputato il 12 maggio 1982; il giorno dopo, il 13 maggio 1982, terminò ufficialmente il mandato. Ventiquattr’ore in carica, nemmeno una presenza in aula. L’unico suo atto formale alla Camera? La lettera di dimissioni. Non si può dire che fu una gran fatica l’attività a Montecitorio dell’avvocato Boneschi. Epperò è valsa una sempiterna rendita che, secondo quando dichiarò lo stesso Bone­schi, gli è stata gentilmente offer­ta addirittura nel 1983. Cioè quan­do aveva appena 44 anni. Da allora quella pensione la riceve regolarmente ogni mese: 3.108 euro lordi, 1.733 netti. Vi sembrano po­chi? Dipende dai punti di vi­sta, si capisce: c’è gente che dopo aver lavorato fino a ro­vinarsi la salute prende me­no di un terzo. L’avvocato Boneschi, invece, se li è ag­giudicati con un giorno di contributi. La stessa cifra (3.108 euro lordi, 1.733 net­ti) spetta anche a due altri ex parlamentari radicali, Piero Craveri a Angelo Pez­zana. A loro, però, è toccata una fatica maggiore: un’in­tera settimana in carica. Il primo fu iscritto al Senato il 2 luglio 1987 e si dimise il 9 luglio; il secondo fu iscritto alla Camera il 6 febbraio 1979 e si dimise il 14 febbra­io. Un’intera settimana da parlamentari? Accipicchia, non si saranno stancati? Ma no, non preoccupatevi: an­che per loro l’impegno è sta­to limitato. Un’unica sedu­ta. Che ha fruttato bene, pe­rò. Va detto, a onor del vero, che il cavillo che ha permes­so questo scandalo è stato abolito. Adesso le norme so­no più severe: bisogna stare in Parlamento almeno 5 an­ni per avere la pensione. Certo: 5 anni sono sempre pochi rispetto ai 35-40 ri­chiesti ai cittadini normali, ma è un primo passo. Eppe­rò il dubbio resta: perché quelli che hanno lavorato un giorno solo la pensione continuano a prenderla? Si capisce: i diritti acquisiti non si toccano. Ma siamo si­curi che prendere 3.108 eu­ro al mese per tutta la vita in virtù di un giorno passato a Montecitorio sia un diritto? Non sarà un’ingiustizia? O uno scandalo? E chi l’ha det­to che gli scandali acquisiti non si toccano? Paolo Prodi, Toni Negri, Eugenio Scalfari. Anche perché di quelle norme sciagurate so­no stati in tanti ad approfit­tare. Il più famoso è sicura­mente Toni Negri, il cattivo maestro dell’Autonomia operaia. Fu parlamentare 64 giorni (dal 12 luglio al 13 settembre 1983), il tempo necessario per scappare in Francia, sottrarsi alla giusti­zia italiana e assicurarsi un vitalizio di 3.108 euro al me­se da quello Stato borghese che voleva abbattere. Uno sforzo maggiore è toccato a Paolo Prodi, fratello di Ro­mano: è stato in Parlamen­to 126 giorni per maturare la medesima pensione (3.108 euro). 
Ed Eugenio Scalfari? Da grande esperto di economia, non ha mai perso occasione di spiegare quanto sia giusto che le ren­dite previdenziali siano cor­rispondenti ai contributi versati. Perfetto: ma come spiega che, con questo siste­ma, un operaio per avere dall’Inps mille euro al mese deve lavorare 35 anni e inve­ce lui ne prende 3.108 con appena 3 anni e mezzo di at­tività in Parlamento? 
L’Inpdap di Andreotti. Ma la dif­ferenza tra versamenti effet­tuati e vitalizi maturati non riguarda solo le pensioni parlamentari. Abbiamo già citato i casi Oscar Luigi Scal­faro (4.766 euro netti dal­l’Inpdap per tre anni lavora­ti come magistrato) e di Ser­gio D’Antoni (in pensione Inpdap a 55 anni con 40 an­ni di anzianità di servizio da docente universitario). Va ricordato anche il caso di Andreotti, che come Scalfa­ro, è entrato in Parlamento nel 1946 e non ne è più usci­to. Eppure è riuscito a matu­rare il diritto a due altre pen­sioni, che ovviamente som­ma alla sua indennità da se­natore: una dall’Inpdap PREMIO Per Publio Fiori 22mila euro netti al mese: aumentato il suo assegno da vittima Br (3.440 euro netti al mese) che riceve dal 29 giugno 1992 e una dall’Inpgi (66.126 euro lordi l’anno) che intasca dal gennaio 1977, cioè da quando aveva 58 anni. Quando e come avrà versato i contributi suf­ficienti per garantire una co­sì lunga rendita? Per carità, tutto lecito, a norma di leg­ge, come sempre. Ma sicco­me lui ci aveva insegnato che a pensare male la si az­zecca, ci sia concessa una domanda: non è che una parte di quei contributi (co­siddetti «figurativi») glieli abbiamo offerti di tasca no­stra? Le tre pensioni (più stipendio) di Ciampi. Paradossalmente, uno degli enti più generosi nel regalare previdenza a buon mercato è sempre sta­ta Bankitalia. Proprio così: l’istituto che ogni momento chiede severità per i cittadi­ni ha sempre usato un altro metro per i suoi dirigenti. Ri­gore? Corrispondenza fra rendite e contributi versati? Macché: baby pensioni e pensioni d’oro per tutti. Fra i beneficiati anche Lamber­to Dini, che dal 1994 incas­sa 18mila euro al mese (cui poi ha aggiunto una pensio­ne Inps) e Carlo Azeglio Ciampi, che incassa addirit­tura due pensioni Bankita­lia, per un totale di 30mila euro, cui si aggiunge una pensione Inps e lo stipen­dio da parlamentare. Gra­zie a queste quattro entrate l’ex Presidente della Repub­blica ha dichiarato nel 2009 guadagni pari a 740.651 eu­ro, di cui 687mila come «red­diti da lavoro dipendente e assimilati »
Il record­man della previdenza, pe­rò, è Publio Fiori: più volte sottosegretario dc, ferito gravemente nel 1977 dalle Br, dal 1994, cioè da quan­do aveva 56 anni, usufrui­sce di una ricca pensione Inpdap che (giustamente) gode della esenzione totale delle tasse prevista per le vit­time del terrorismo: fino al 31 dicembre 2009 ammon­tava a 14.590 euro al mese, ma dal 1 gennaio 2010 è sta­ta ritoccata all’insù. Sarà stata giudicata insufficien­te? Forse. Comunque ora Fiori prende 184.634 euro l’anno, cioè quasi 16mila euro netti al mese. A cui van­no aggiungi i 10.631 euro lordi della pensione da par­lamentare per un totale di oltre 22mila euro netti (net­ti!) al mese. Grazie all’au­mento, ovviamente. Ai giudici della Consulta 20mila euro (più autista). Gli ex giudi­ci della Corte Costituziona­le in media prendono una pensione da 253mila euro lordi l’anno, circa 20mila al mese.L’ex presidente Gusta­vo Zagrebelsky, per dire, ne prende 21.332 (12.267 net­ti). A questa somma si ag­giunge però la superliquida­zione che viene incassata al momento dell’addio:Zagre­belsky, per esempio, ha otte­nuto 907mila euro lordi, 635mila euro netti. Com’è possibile? Semplice: il man­dato del giudice costituzio­nale, per quanto più pagato, è assimilato formalmente a un qualsiasi rapporto di pub­blico impiego. E quindi, ai fi­ni pensionistici, si può ricon­giungere con gli altri anni passati nel settore statale. Il prof Zagrebelsky, per esem­pio, ha sommato gli anni tra­scorsi all’università ed è arri­vato a 38 anni di anzianità la­vorativa, tutti ricalcolati sul­l­a base del superstipendio al­la Consulta. E chi non ha tra­scorsi nel settore statale? Non c’è problema: per Fer­nanda Contri, per esempio, la preferita di Oscar Luigi Scalfaro, che faceva l’avvo­cato, è stata fatta un’apposi­ta leggina. E così le sono ba­stati 9 anni alla Consulta per assicurarsi una liquidazio­ne di 222mila euro e un vitali­zio di 10.934 euro lordi al me­se (6.463 netti). Se poi tutto ciò non bastasse agli ex giu­dici vengono garantiti an­che molti benefit, a comin­ciare dall’auto blu con auti­sta a domicilio per il resto della vita: il regolamento, pi­gnolissimo, prevede che sia­no a carico dello Stato an­che le spese per le riparazio­ni dell’auto, il garage, il ma­teriale di consumo etc etc, fi­no a paraflu, spugna e pelle di daino. Si capisce: uno che prende 21.332 euro al mese, può mica permetterseli, no? Bando alle ciance e si proce­da: pelle di daino e paraflu gratis per il pensionato d’oro della Consulta. Chi prende la minima dell’Inps è lieto di contribuire.


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