mercoledì 2 giugno 2010

Degna conclusione di questa giornata di festa: le giravolte finiane!

Fini pronto al duello finale: "Sulla legalità niente sconti"
Il presidente della Camera in allarme per i giudizi delle forze dell'ordine sul ddl. Ma Berlusconi offre l'ultimo compromesso: l'accordo è possibile
di LIANA MILELLA

Scuote la testa Gianfranco Fini. 
Guarda la sua squadra, Bocchino, la Bongiorno, Augello, Granata, la Perina. E confessa: "Io, questa legge sulle intercettazioni, non la sento mia. Noi ne avremmo fatta sicuramente una diversa". È mezzogiorno. E il fossato tra il presidente della Camera e Berlusconi si allarga.
Non è più solo questione di una norma transitoria, pur grave, sulla quale ci si interroga a quale processo in corso possa servire. Se a quello sugli appalti o ad un altro. Ora c'è di più. Quando Fini ragiona, "se sento parlare tanti poliziotti contro queste norme, non posso che preoccuparmi con loro", ne fa una questione di principi basilari. I suoi sottoscrivono le sue parole, anche se dal vicino Senato arrivano allarmi di guerra. Gasparri li sfida, pone di nuovo la questione di chi decide dentro il partito, nega i problemi, tenta di aizzare i falchi. Ma Fini stavolta dà un mandato preciso: "Sulla legalità non sono disposto a fare sconti. Rispetto ad altre questioni, magari quelle sugli organigrammi, su questa storia sono deciso ad esporre al massimo me e chi mi vuole seguire". Dunque avanti, su un pacchetto di modifiche che potrebbe comportare anche il binario morto per la riforma delle intercettazioni. 
Esce Bocchino, e a quel punto non c'è più spazio per gli equivoci. I finiani chiedono di cambiare in tre punti determinanti il ddl sulle intercettazioni. "O ci si mette d'accordo o sono guai" dichiara l'ex vice capogruppo. Dietro di lui Fabio Granata: "Deve essere chiaro a tutti. Questa è una battaglia di principio, non certo di posizione. L'avremmo fatta identica anche se Fini non avesse fatto il discorso che ha fatto davanti a Berlusconi alla direzione del partito. Per tutti noi questi sono valori fondanti e imprescindibili. Su cui non siamo disposti a mollare di una virgola". 
Decidono alla Camera: "Si va fino in fondo". Reagiscono al Senato: "Basta, non accettiamo i loro diktat". La contemporaneità mette in risalto la dicotomia ed esaspera il contrasto. I finiani pongono pregiudiziali secche, la cancellazione tout court della norma transitoria e quindi il facile sospetto e il collegamento inopportuno con i processi in corso, via il tetto dei 75 giorni come tempo massimo per le intercettazioni, ampia possibilità d'ascolto, senza alcun limite, anche per i reati che loro hanno ribattezzato reati "spia", quelli che possono portare alla mafia. Granata, su questo, non accetta compromessi: "Estorsioni, usura, traffico di rifiuti: ma chi davvero può pensare che si possano registrare le telefonate soltanto per due mesi e mezzo? È assurdo. La legge deve cambiare". 
Al Senato sbiancano le facce del Guardasigilli Alfano, dei capigruppo Gasparri e Quagliariello, del sottosegretario Caliendo, del relatore Centaro. S'erano riuniti per tentare un compromesso sulla norma transitoria, alla ricerca di un compromesso che comunque non tagli del tutto fuori i processi in corso. Arzigogolano sull'appiglio tecnico: "Tempus regit actum, si applica la legfge del momento". Ma la parola compromesso è recisamente respinta dai finiani. "Per non rompere la coalizione l'abbiamo accettato alla Camera e adesso siamo costretti a subire il sopruso di vedercelo rinfacciare quasi che l'avessimo sottoscritto con entusiasmo, quasi fosse un testo pienamente condiviso. Ma quando mai? Ma ve la ricordate la fiducia? Fu messa per tapparci la bocca". Andrea Augello è netto: "Ci vuole coerenza, non sono ammissibili pasticci tra vecchio e nuovo regime, bisogna scongiurare gli effetti retroattivi". È l'ossessione dei finiani. Che gli resti in mano il residuo appiccicoso di una legge fatta apposta per stroncare un'inchiesta come quella sugli appalti. 
Gasparri è una furia. Come sempre tra i falchi. Incurante di chi gli dice "stai attento, questi alla Camera ci mettono in difficoltà sulla manovra, meglio tenerli buoni e cambiare adesso il testo". Lui invece vorrebbe rompere subito. Si ferma in vista del vertice di oggi con Berlusconi, dove spera di regolare i conti con Fini. Ma proprio dal Cavaliere, per il tramite di Niccolò Ghedini, arriva un invito a stare calmi, a prendere tempo. I faldoni dello scandalo sul G8 incombono, fiumi di intercettazioni che potrebbero finire sui giornali. Che invece la nuova legge metterebbe sotto silenzio.
È ormai l'unica ragione che può tenere in vista il ddl sulle intercettazioni. Che i finiani, ripudiandola, fanno di tutto per spingere su un binario morto. Cercando di eroderla fino a farla morire. Non è più quella che voleva il premier, ma è pur sempre, nella medesima mente del premier che lo ammette con i suoi luogotenenti, "il mezzo per mettere una pietra tombale sulle intercettazioni pubblicate sui giornali". Lo dice convinto: "Gli editori, e io so che significa, non sborseranno mai tutti quei soldi". Trecentomila euro per un ascolto finito in pagina. Solo per questo, raccontano, Berlusconi non esplode contro Fini che pure, negli ultimi due giorni, ne ha sfidato fino in fondo la pazienza. 
Fonte: la Repubblica del 2/6/2010