mercoledì 16 giugno 2010

Voce dal sen fuggita...

Un vecchio proverbio recita: guarda da che pulpito viene la predica!
Mi era quasi sfuggito il lusinghiero giudizio del pregiudicato imprenditore, mancato padrone della FIAT, sul suo arcinemico Berlusconi, che qui riporto:

De Benedetti: «Berlusconi? Uno della P2
È l'Alberto Sordi della politica italiana»
«Non è un mascalzone, ma è un bugiardo. È talmente fuori di testa che pensa di fare del bene al Paese»
L'Ingegnere sul Pd: «Mi ha deluso molto bersani». Bonaiuti: «Soffre d'invidia»
De Benedetti: «Berlusconi? Uno della P2
È l'Alberto Sordi della politica italiana»
«Non è un mascalzone, ma è un bugiardo. È talmente fuori di testa che pensa di fare del bene al Paese»
LAZISE (Verona) - «Silvio Berlusconi è l'Alberto Sordi della politica ed è uno della P2»: lo ha detto Carlo De Benedetti, intervistato questa sera a Lazise (Verona) dal giornalista Antonello Piroso nell'ambito dell'iniziativa promossa dall'associazione «Trecento Sessanta» di Enrico Letta. «È un bugiardo, punto». ha detto ancora De Benedetti del premier. «Penso che in molte cose sia davvero convinto di fare il bene del Paese - ha proseguito - È talmente così fuori di testa che pensa di fare il bene del Paese. Non è un mascalzone, non è una carogna, è l'Alberto Sordi della politica. Ognuno di noi ha delle caratteristiche - ha spiegato l'editore - e gli italiani ne hanno diverse: sono un po' bugiardi, un po' gradassi, un po' mascalzoncelli. Lui ha preso tutte queste cose, le ha messe insieme e le ha elevate al cubo». E secondo De Benedetti, Berlusconi «c'è riuscito mirabilmente, tanto è vero che gli italiani lo votano, gli danno il consenso: avranno una ragione».
«UNO DELLA P2» - Durante l'intervista di Piroso, De Benedetti ha detto di «avere avuto sempre una ritrosia ad essere cooptato», un aspetto questo, ha incalzato il giornalista, che lo accomuna a Berlusconi? «Beh, no. Lui è della P2», ha riposto De Benedetti. Poi ha ricordato l'ultima volta che ha incontrato il premier: «Letta ha organizzato una colazione a casa sua - ha raccontato De Benedetti -. Ci sono andato e il presidente mi è venuto incontro dicendomi: "Perché non mi vuoi bene?". Come faccio, ho replicato 
(...)
«BERSANI? MI HA DELUSO» - Cambiando pagina, Carlo De Benedetti ha parlato della delusione provata dopo la nascita del Pd, partito che per l'Ingegnere rappresenta una speranza che si è presto dissolta: «Quando il Pd è nato era una speranza, ma poi mi ha profondamente deluso», ha detto l'editore di Repubblica, che ha avuto però parole di elogio per il segretario Pierluigi Bersani. «Ma lo vorrei vedere con un po' più d'entusiasmo - si è affrettato ad aggiungere - Bersani è una persona per bene. Lo stimo molto, è stato un ottimo ministro, è un caro amico perché è una persona estremamente per bene (che però ha il difetto d'avere amici pregiudicati, NdB)». L'imprenditore ha tuttavia ammesso che il segretario del Pd questa settimana l'ha deluso: «L'ho visto in tivù e difendeva gli enti pubblici. Per uno che è stato l'unico ministro italiano a fare delle liberalizzazioni vere, sentendolo difendere gli enti locali mi è sembrata una stranezza che non gli riconoscevo. Però la mia stima nei suoi confronti è totale». De Benedetti ha confermato il suo giudizio negativo su Massimo D'Alema, ma non ha risparmiato anche altri personaggi parlando di Carlo Caracciolo come di un »tirchio« e di Giampaolo Pansa come di una «persona anziana che in quanto tale inacidisce un pochino perché pensa di non avere avuto quello che la vita gli doveva dare». Insomma, per De Benedetti, Pansa «è un po' in aceto». 


Ebbene, il Signor De Benedetti dimentica di dire che nella sua storia d'imprenditore vi è stata anche quella di far male all'Italia. La prova provata è nella condanna definitiva che ha ricevuto, che fa di lui un pregiudicato.
La memoria degli italiani è molto corta e per tale motivo sono andato alla ricerca ed ho trovato su un altro blog tutta la storia di questo grande e geniale imprenditore, tutto d'un pezzo. Giudicate voi se può permettersi di fare il moralista. 
Un'altra cosa importante:
Maurizio Costanzo, suo amico , ha sempre ammesso di essersi iscritto alla P2 per fare carriera. Berlusconi ha sempre detto di averlo fatto ma di essersene subito tirato fuori. Come mai a Costanzo non viene rinfacciato mai di essere stato un piduista reo confesso. Non lo fa  neanche l'altro moralista d'antan, l'ex tutto Di Pietro? 
Misteri italici? 
NO! 
Certezze sinistre!

ECCO LA STORIA:

venerdì 9 ottobre 2009
Berlusconi è stato condannato in 1° grado, da un giudice unico, a risarcire il "danno per mancata chance" nei confronti di De Benedetti.
A parte il giudizio su tale motivazione di condanna e la somma (la prima che la magistratura italiana infligge secondo i parametri americani), quello che desidero sia di pubblica memoria è il solito modo di fare italico dei due pesi e due misure.

Il pregiudicato ing. Carlo De Benedetti è stato condannato (fece soltanto pochi giorni di carcere) a tre anni di galera per aver truffato lo Stato, cioè noi tutti.

Il pregiudicato De Benedetti e i suoi complici (funzionario dello Stato) non hanno mai pagato il loro debito a noi cittadini per  "danno per mancata chance", nè altro!

Questa la storia di CDB ed altre di giustizia all'italiana che ho ricercato in rete e che vi ripropongo.

  
Nel 1993, in piena bufera Tangentopoli, Carlo De Benedetti presentò al pool di Mani Pulite un memoriale in cui ammetteva il pagamento di 10 miliardi di lire in tangenti ai Partiti di governo e funzionale all'ottenimento di una commessa dalle PPTT, consistente in telescriventi e computer obsoleti. Nel maggio dello stesso anno, viene iscritto all'albo degli indagati.Quindi, nessun pentito o altro, è lo stesso ing. Carlo De Benedetti, patron de La Repubblica e Olivetti, che confessa al Pool di aver versato ai partiti di governo 10 miliardi di 'tangenti' per avere potuto vendere alle Poste italiane migliaia di obsolete telescriventi e computer.
Iscritto nell'albo degli indagati nel maggio '93,  a De Benedetti non sarà fatto alcun processo dal Tribunale di Milano. 

Ci penserà il Tribunale di Roma a processarlo e condannarlo dopo una lunga diatriba fra la Procura di Roma e quella di Milano su chi avesse competenza a giudicare De Benedetti.

Per molti altri imputati di Mani Pulite, le cose andarono diversamente dall'ing. De Benedetti che fece soltanto pochi giorni di carcere.

Gabriele Cagliari, presidente dell'ENI, dimenticato in carcere dopo la promessa di liberazione, il 20 luglio '93 si suicida in cella. 

Tre giorni dopo, il 23, con un colpo di pistola si ammazza anche Raul Gardini.

Poche ore dopo la morte di Gardini è arrestato Sergio Cusani suo segretario, commercialista e confidente.

La rapidità dell'attenzione giudiziaria verso Cusani è nelle date: arresto il 23 luglio. Richiesta di processo il 27 agosto.
Parere favorevole del GIP Italo Ghitti il 6 settembre. Prima udienza del processo 28 ottobre. Conclusione dello stesso sei mesi dopo con la condanna a otto anni di reclusione (l'accusa ne aveva chiesti sette)

Per i tempi lunghissimi della nostra giustizia un record eccezionale! Il processo Cusani assume in tivù la spettacolarità dei processi soap opera con Di Pietro al posto di Perry Mason, che appare stranamente umile col tronfio Craxi, quanto insolente con l'accasciato Forlani.
Nell'ottobre scoppia lo scandalo dei fondi riservati del Sisde. Il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, nella sua passata funzione di ministro degli interni,
 avrebbe avuto per quattro anni un appannaggio di cento milioni mensili in busta gialla fuori di ogni controllo. 
Fatto rivelato dagli agenti segreti e dal prefetto Malpica,  capo del servizio segreto civile. 
Il capo dello Stato, O.L. Scalfaro,  la notte del Capodanno '94, nel messaggio alla nazione, reagisce indignato col famoso e reiterato "Non ci sto" a reti unificate. 


 
Ma gli italiani non capiscono. 
Disinformati dei fatti nulla sanno del motivo di quella negazione (ma non conosceranno neppure nulla della destinazione di quei fondi ad personam; nessuno dirà loro se usati per esigenze istituzionali e quali). L'inchiesta si spegne, e gli accusatori vengono incriminati con l'accusa di golpe! 

 
Questa la sentenza che riguarda i complici di De Benedetti. 


Corte dei conti

Sezione I giurisdizionale centrale

Sentenza 5 gennaio 2005, n. 1

Con sentenza 7 giugno 2005, n. 191, la Corte dei conti, sezione I giurisdizionale centrale d'appello, ha disposto la revoca, per errore di fatto, della presente decisione, nella parte in cui condanna il sig. Davide Giacalone al risarcimento del danno arrecato alle Poste italiane s.p.a.
 

FATTO

Avverso la sentenza n. 1725/2002 depositata il 6 giugno 2002, resa dalla Sezione Giurisdizionale, per la Regione Lazio è stato proposto appello da Giuseppe Parrella, rappresentato e difeso dall'avvocato Giulio Correale, Oscar Mammì, rappresentato e difeso dagli avvocati Mario Sanino e Giampaolo Ruggiero, dal Procuratore regionale, nei confronti di Oscar Mammì, costituitosi come sopra rappresentato, Giuseppe Parrella, costituitosi come sopra rappresentato e Davide Giacalone, costituitosi con la rappresentanza e difesa dall'avvocato Franco Gaetano Scoca, e dal Procuratore Generale, nei confronti di Oscar Mammì, Giuseppe Parrella, Davide Giacalone, tutti costituitisi come sopra rappresentati, Maurizio Di Sarra, costituitosi con la rappresentanza e difesa degli avvocati Michele Sterbini e Filippo Lattanzi, ed Enrico Veschi, costituitosi con la rappresentanza e difesa degli avvocati Claudio Pittelli e Salvatore Mileto.

Questi i fatti di causa.

Con atto di citazione del 29.9.1994, la Procura Regionale conveniva in giudizio i sigg. Giuseppe Parrella e Davide Giacalone per sentirli condannare al pagamento della somma complessiva di Lire 36.560.740.000, oltre interessi, rivalutazione monetaria e spese di giudizio.

Tale importo veniva riferito a due voci di danno: la prima, per Lire 26.535.740.000, relativa ad una fornitura all'Amministrazione PP.TT. di n. 3356 telescriventi rimaste inutilizzate (nell'ambito di un acquisto complessivo di n. 5000 telescriventi avvenuto nel gennaio 1991 per un importo totale di Lire 39.534.775.000) e la seconda, per Lire 10.025.000.000, relativa alla riscossione di dazioni di denaro senza titolo da parte della Società fornitrice in correlazione con la fornitura delle telescriventi.

(Omissis)

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale di Appello, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, rigetta i gravami proposti avverso la sentenza in epigrafe dalle parti private; rigetta l'appello del Procuratore Generale nei confronti dei sig.ri Enrico Veschi e Maurizio Di Sarra; accoglie parzialmente gli appelli proposti dal Procuratore Regionale e dal Procuratore Generale e, per l'effetto, condanna i sig.ri Giuseppe Parrella, Oscar Mammì e Davide Giacalone, al pagamento, in solido tra loro, della somma di Euro 2.405.429,00 (duemilioniquattrocentocinquemilaquattrocentoventinove/00), comprensiva della rivalutazione monetaria oltre agli interessi legali dalla data della sentenza al soddisfo, in favore delle Poste S.p.a. e alle spese del primo grado come in premessa, nonché a quelle del presente grado che si liquidano in Euro 3429,59 (tremilaquattrocentoventinove/59).

Fonti:
http://virusilgiornaleonline.com/elogio_19.htm
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1993/10/31/quell-inchiesta-contesa-sui-signori-delle-poste.html
http://archiviostorico.corriere.it/1993/ottobre/31/Benedetti_ricercato_per_corruzione_co_0_9310317166.shtml
http://www.eius.it/giurisprudenza/2005/019.asp
 
http://archiviostorico.corriere.it/1994/maggio/27/Malpica_Scalfaro_con_busta__co_0_94052712644.shtml  

Fonte

Pubblico anche a futura memoria queste altre notiziole sull'ing. Carlo De Benedetti, imprenditore pregiudicato ma che fa il moralista saccente. 

Archivio del 27 gennaio 2009
L’EDITORE DI REPUBBLICA CARLO DE BENEDETTI LASCIA, ANZI NO: ARRAFFA TUTTO IL VERO POTERE, QUELLO DEL DOMINIO DEI GIORNALI CON CUI INFLUENZARE LA POLITICA. LO STILE LOMBARDO SEGUE IL MOTTO NAPOLETANO “CHIAGNI E FOTTI”, E INTANTO FOTTE IL FIGLIO RODOLFO LASCIANDOGLI LE AZIENDE INNOCUE. LA GUERRA CONTINUA
martedì 27 gennaio 2009
De Benedetti, addio con il truccO

L’Ingegnere molla solo in apparenza: tiene il potere conquistato licenziando Scalfari

Di Paolo Guzzanti

  La biografia industriale di De Benedetti è sterminata, ma io voglio ri­cordare quel che ho vissuto e riveduto anche per motivi di lavoro: De Benedetti fu accusato dal presidente George Bush, padre, di giocare molto sporco con il potere sovietico, cui avrebbe fornito l’accesso a merci strategicamente proibite. La lamentela del presidente americano fu espressa al presidente della Repubblica Francesco Cossiga e al mini­stro degli Esteri Gianni De Michelis nel corso di un loro viaggio a Washington: i due italiani difesero a spada tratta l’imprenditore italiano e fecero quadrato su di lui benché non lo amassero affatto. Poco tempo dopo però dalle colonne dell’Espresso partì una campagna di delegittimazione del presidente Cossiga che toccò il suo culmine con la richiesta di rimuoverlo dal Quirinale con certificato medico e sostituir­lo con un comitato di saggi in attesa della nuova elezione. Cossiga aveva fatto cancellare i contratti della Olivetti al Quirinale sostenendo che le telescriventi di De Benedetti erano scarti di magazzino.

  Di certo De Benedetti non ebbe alcun riguardo per il patrimonio tec­nologico della Olivetti, l’unica compagnia informatica europea che avesse prodotto una eccellente e tuttora rimpianta linea di computer, anzi di «calcolatori», che gettò nel cassonetto delle immondizie per entrare invece nel core business della telefonia mobile ma senza una propria tecnologia, giocando soltanto sul commerciale. In questo modo De Benedetti distrusse il patrimonio culturale e sociale di «Comunità» di Adriano Olivetti, sbaraccò quel che restava dell’identità elitaria, radical-chic e borghese-rivoluzionaria del gruppo L’Espresso, si liberò dello stesso Scalfari e procedette come un rullo compressore con il di­chiarato ed evidente scopo di dominare la politica attraverso l’editoria. Oggi De Benedetti si lamenta di aver subito due «scippi», quello del la Sme e quello della Mondadori. È storia vecchia: quanto alla Sme, è un dato di fatto che fu allora il presidente del Consiglio Craxi a rivolgersi a Berlusconi perché desse vita a una cordata alternativa a De Benedetti che aveva raggiunto un accordo molto personale con lo svenditore Romano Prodi. Come tutti sanno, al la fine non vinse né la cordata che a malincuore Berlusconi aveva cerca to di metter su per far piacere a Craxi, né De Benedetti. Quanto alla Mondadori, De Benedetti rimpiange ancora un impero editoriale simile a quello di Carlo Quinto, sul quale non tramontasse mai il sole, ma fu costretto a contentarsi di una redi­stribuzione un po’ più pluralista.


Corriere della Sera > Archivio > De Benedetti ricercato per corruzione


DA ROMA L' ORDINE DI CUSTODIA CAUTELARE, IL PM CORDOVA HA RIBALTATO LA TESI DI " VITTIMA " DEL REGIME ACCREDITATA DALL' INGEGNERE
De Benedetti ricercato per corruzione
latitante? " e' partito per il weekend, rientrera' martedi' . e collaborera' " . secondo l' accusa avrebbe dato ordine a Cherubini Giovanni di versare 10 miliardi in tangenti al direttore del ministero delle Poste Parrella Giuseppe.

Pagina 2
(31 ottobre 1993) - Corriere della Sera