giovedì 9 settembre 2010

La prova che Fini è smemorato!

Riporto quanto pubblicato oggi senza alcun commento, la notizia è più che bastante.

Quando Fini disse: "La Pivetti fa politica, lasci"
di Paolo Bracalini


Dopo il ribaltone che rovesciò Berlusconi l'allora leader di An insorse contro l'esponente leghista, presidente della Camera, per una frase pronunciata alla festa del Carroccio: "Così dimostra di non essere super partes"

«La terza carica dello Stato deve es­sere super partes, non può dire “ora non parlo come presidente della Ca­mera” » e dire quel che le pare, so­prattutto se poi «è stata eletta da co­loro che ritiene irresponsabili, tradi­tori e persino attentatori della demo­crazia », e se poi esprime «giudizi net­ti e così polemici senza mettere in dubbio il fatto che parla come singo­lo parlamentare o privato cittadino e non più come presidente della Ca­mera ». Insomma una terza carica del genere, se proprio vuole fare po­litica e dare giudizi sugli altri leader, forse dovrebbe «prendere in consi­derazione anche l’ipotesi di rimettere il manda­to ». Ma chi parla qui? Brunet­ta? Cicchitto? Bossi? Capezzo­ne? Nessuno di loro, è Gian­franco Fini, anzi era, perché il tempo è galantuomo ma an­che malandrino quando si cer­ca una linea di coerenza nelle parabole di certi politici. Per catapultare Fini in una si­tuazione diametralmente op­posta a quella di oggi, con le parti esattamente invertite, bi­sogna tornare indietro di quin­dici anni, all’inizio del 1995. Si è appena consumato il «cosid­detto » ribaltone della Lega, il primo governo Berlusconi è fi­nit­o con le dimissioni del Cava­liere, un nuovo governicchio di transizione, guidato da Lam­berto Dini, è alle porte. Nel mentre, sulla poltrona più alta di Montecitorio siede ancora una deputata della vecchia maggioranza, la leghista Irene Pivetti, che lì rimarrà fino alle successive elezioni del ’96. Qualcuno però, in quel febbra­io, chiede con forza le sue di­missioni, dopo un discorso molto partigiano della Pivetti a una festa della Lega a Milano. La fotocopia di quel che sta ac­cadendo in questi giorni, con lo strappo di Fini a Mirabello e il suo discorso da leader politi­co, contro la maggioranza che lo ha eletto, ma sempre da pre­sidente «super partes» della Camera. Anche quella volta, molti di coloro che chiedono le dimis­sioni di Fini adesso invocaro­no l’incompatibilità dell’allo­ra presidente della Camera in quel ruolo di garanzia. France­sco Storace, a quel tempo por­tavoce di An, spiegò come fos­se «gravissimo che la terza cari­ca dello Stato si agitasse come un capo di partito», Forza Ita­lia chiese un atto di responsabi­lità alla Pivetti, un avvocato mi­l­anese addirittura la denunciò per «tradimento del giuramen­to prestato». Tra i sostenitori delle dimissioni - scherzi del tempo - c’era anche Fini, che ora liquida come analfabeti­smo costituzionale i rilievi sul­la sua incompatibilità, da lea­der di un nuovo partito, con quella carica. Fu proprio Fini, in una lunga nota, a spiegare perché un pre­sidente della Camera part ti­me è inaccettabile, soprattutto dopo un’esternazione molto polemica su un partito politi­co (la Pivetti quella volta criti­cò Forza Italia, così come l’al­tro giorno Fini ha dichiarato morto il Pdl attaccandone il leader). «Dovrebbe rendersi conto - ammonì Fini - che il giorno dopo aver detto cose co­sì incredibili e gravi, torna ad essere presidente della Came­ra, determinando un clima che non è in sintonia con la se­reni­tà che tutti reputano neces­saria ». Anche perché, ad aggra­vare l’anomalia, c’era il fatto che l’attacco della Pivetti era ri­volto a quella stessa maggio­ranza che l’aveva eletta presi­dente della Camera. Curiosa­mente, l’identico paradosso che ora investe Gianfranco Fi­ni, che pure - adesso - non ci trova nulla di anomalo. In quindici anni cambiano mol­te cose, in certi casi anche le idee. Poi, a Fini, l’indignazio­ne per quello sfregio al ruolo super partes di presidente del­la Camera passò. Alla fine, do­po aver sollecitato le dimissio­ni, Fini adottò per quell’ano­malia la battuta che fece Sgar­bi: «È come se il Papa, per anda­re a donne, si spogliasse del suo ruolo spiegando che c'era andato come Wojtyla e non co­me pontefice ». Un paradosso, come quello di un presidente della Camera che fa il capopar­tito contro la maggioranza che l’ha messo lì.Comunque,la Pi­vetti restò incollata lì per un al­tro annetto, fino allo sciogli­mento delle Camere. Lo stesso progetto, tanto per fare l’en plein delle analogie, che ha in mente Fini.