mercoledì 21 aprile 2010

Non ringraziano chi gli salva la pelle

Riporto senza alcun commento personale, condividendo pienamente quanto scrive Feltri.

 Confermato. La gratitudine è il sentimento della vigilia. Poi svanisce e spesso si trasforma in antipatia, anche profonda. I tre operatori sanitari (medico e infermieri) di Emergency liberati grazie all’intervento decisivo del governo italiano non hanno rilasciato dichiarazioni riconoscenti su chili ha salvati. Figuriamoci. Addirittura hanno rifiutato di attendere l’aereo militare che li avrebbe riportati in Patria; hanno preferito quello di linea, così, per non avere nulla da spartire con l’esecutivo di Berlusconi.
Il loro atteggiamento indigna ma non stupisce, è perfettamente coerente con il pensiero del loro capo, Gino Strada, un pacifista che non si dà pace, ce l’ha con tutti (specialmente con gli americani), tranne i talebani di cui non saprei dire cosa egli stimi.
La vicenda è nota. I tre connazionali lavorano in un ospedale fondato da Emergency, in Afghanistan, nel quale sono state trovate delle armi. Di qui il loro fermo o arresto (non si è mai capito) che ha suscitato clamore e preoccupazione nel nostro Paese. Nei giorni immediatamente successivi si è molto discusso anche in televisione del fatto, e l’opinione pubblica ha trepidato aspettando gli sviluppi. Si era temuto il peggio dato che l’Afghanistan non è la Svizzera e non offre garanzie di rispetto delle regole, immaginarsi dei diritti umani.
Il ministro degli Esteri Frattini, preventivamente criticato dalla stampa più che democratica (il Fatto quotidiano lo ha definito uno che passava lì per caso), si è dato da fare e nel giro di una settimana ha concluso con successo le trattative. Qualcuno gli aveva consigliato di intimare alle autorità afghane: o ci ridate i nostri cittadini oppure noi ritiriamo il contingente militare, e arrangiatevi.
Evidentemente la tattica del titolare della Farnesina ha funzionato meglio se è vero, come è vero, che gli ostaggi sono stati rilasciati senza il ricorso a odiosi ricatti. Ci si augurava un applauso al governo, e invece si sono uditi soltanto fischi. Difficile capire perché.


Ogni volta che accadono episodi simili, le persone alle quali è stata conservata la pelle mostrano indifferenza, anzi, freddezza verso chi si è prodigato per loro. È successo con le ormai famose Simone (altrimenti dette vispe Terese) strappate ai tagliagole islamici di Bagdad e dintorni, e non si è mai saputo quanti milioni di euro siano stati pagati per riscattarle, ma è certo che si è trattato di una somma considerevole; ed è successo con la SGrena, l’inviata del Manifesto anch’essa sequestrata mentre gironzolava da quelle stesse parti, e liberata dopo giorni di negoziati conclusi felicemente, non gratis.
Da notare che il commissario di polizia aggregato ai servizi segreti, Calipari, ha perso la vita mentre
riportava a «casa» la giornalista. Ebbene, né le vispe Terese - volontarie ben retribuite in Irak - né la Sgrena hanno avuto parole buone nei confronti degli uomini ai quali devono il rientro in famiglia, inclusi quelli del governo che avrebbero potuto anteporre la ragion di Stato alla superiore esigenza di tutelare le (mica tanto) gentili signore.
Con i tre di Emergency, la tradizione dell’ingratitudine continua. Rimane in sospeso una domanda: ma le armi nell’ospedale chi ce le ha messe?

di Vittorio Feltri, da il Giornale del 20/4/2010