sabato 24 aprile 2010

Sull'ormai chiare intenzioni di Gianfranco Fini ecco il pensiero di Pansa.

Come ormai sanno tutti quelli che seguono il mio blog, confermo la condivisione dell'attuale pensiero, del giornalista e scrittore Giampaolo Pansa, del quale pubblico un suo articolo, di cui condivido anche la lucida ed ottima analisi, sul "chiarimento" pubblico avvenuto, durante la direzione nazionale del PdL,  fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini.


E adesso la baracca crollerà?
di Giampaolo Pansa
 
Di fronte al gran bordello della rottura tra Fini e Berlusconi, tutti si domandano che cavolo farà il presidente della Camera e come replicherà il Cavaliere. Quasi nessuno, invece, si chiede che cosa accadrà al Governo, alla maggioranza, all’opposizione. E soprattutto quale sorte avrà la baracca Italia. Chi era già scoraggiato, oggi lo è di più. Una signora che segue con allarme le nevrosi della casta politica, mi ha detto, irritata e angosciata: «Non c'è proprio pace per questo Paese!».
Le ho domandato perché si sentisse così. La sua risposta è stata di una semplicità disarmante. Dopo le ultime elezioni politiche del 2008, era emerso un assetto che sembrava destinato a durare per tutti i cinque anni della legislatura. Al governo c’era andato il centrodestra, con una solida maggioranza. All'opposizione stava il centrosinistra, con cinque anni di tempo per prepararsi a vincere nel 2013. Insomma, una condizione normale, simile a quella degli altri Paesi europei.

Ma adesso l'equilibrio è saltato. Berlusconi avrà pure commesso degli errori. Però a far esplodere la bomba che potrebbe demolire la baracca è stato Fini. Se il Governo cadrà, lo dovremo a lui. A quel punto il caos sarà completo. Resteremo tutti appesi a un futuro incerto. Gonfio di domande che non hanno ancora una risposta.

La nuova parrocchia politica finiana sarà tanto forte da azzoppare senza rimedio il centrodestra? Il Cavaliere tenterà la strada di ottenere nuove elezioni entro l'autunno? E in quel caso chi le vincerà? Ecco il vero problema che inquieta molti italiani senza potere. A cominciare dalla signora che mi ha detto: non c'è pace per il nostro Paese.

Invece noi dei giornali ci occupiamo d'altro. Per esempio, di quale sarà la sorte dell'ex capo di Alleanza nazionale e dei suoi seguaci, tanti o pochi che siano. Confesso di avere poca stima di Fini come leader politico. Oggi più che mai mi appare una figura mediocre, povera di qualità. Mi sembra la conferma di un vecchio motto cinese che recita: quando il sole è al tramonto, anche l'ombra del nano si allunga. La Seconda Repubblica sta tirando le cuoia. E nella sua agonia anche un figurante mediocre può apparire un protagonista.

Negli ultimi due anni abbiamo messo a fuoco il profilo di Fini. Tutto chiacchiere e cravatte rosa, nient'altro. Ecco un tattico senza strategia. Un pensatore senza pensiero. Un autore di libri che altri scrivono per lui. Un alleato che non si cura dell’alleanza. Certo, ha avuto l'accortezza di dotarsi di un think tank formato da signori in grado di fornirgli il carburante intellettuale necessario. Primi fra tutti, due amici di valore: Alessandro Campi e Aldo Di Lello. Senza di loro, sarebbe rimasto a secco di opinioni. E non avrebbe saputo iniziare la guerriglia che lo ha condotto alla svolta di oggi.

Il Cavaliere, preso di contropiede da Fini, gli ha chiesto di riflettere per quarantotto ore prima di rompere l'alleanza. Posso sbagliarmi, ma non credo che mister Cravatta Rosa ritornerà sui propri passi. Se lo facesse, andrebbe incontro a un doppio rischio. Di essere deriso dai suoi stessi supporter. E di apparire un uomo di paglia che si è fatto comprare dal premier.

Fini andrà avanti. Farà i suoi gruppi autonomi tanto alla Camera che al Senato. E darà vita a una svolta che possiamo definire storica perché senza precedenti nella Seconda Repubblica. Una svolta tutta da precisare. Poiché non si riesce a immaginarne l'esito. Del resto, un anno fa avevo chiesto a Fini dove pensava di dirigersi con la sua guerriglia anti-Cavaliere. La sua risposta mi aveva lasciato secco. Suonava così: «Non lo so neppure io».

Quello che sappiamo, anzi che già vediamo, è la frenesia gioiosa nel campo avversario. Il centrosinistra scopre di essere in pieno orgasmo per l'imminente arrivo di questo nuovo compagno di strada. Il leader del Partito democratico, Pier Luigi Bersani, gli ha subito offerto di entrare nel Comitato di liberazione da Berlusconi. Dichiarando al Riformista: «Faccio appello a tutte le forze che non accettano la deriva plebiscitaria e populista per una convergenza repubblicana».
Ma il Pd si è diviso anche sull'appello a Fini. Max D'Alema ha proposto «una Costituente democratica che attragga chi si sente prigioniero del Pdl». Però subito si è alzato Dario Franceschini per dargli sulla voce: «Fini vuole una destra normale, ma resta sempre un nostro avversario». Allora D'Alema ha replicato che le porte della futura Costituente dovrebbero spalancarsi anche per Pierferdi Casini.

Niente di nuovo sotto il sole. Gli osservatori non schierati da nessuna parte avevano già previsto la nascita del nuovo Cln. E si domandano se anche questa trovata non sia un modo per nascondere sotto il tappeto le disgrazie dei democratici. Se il Caimano oggi si trova alle prese con Fini e non ha ancora deciso se divorarlo o blandirlo, Bersani deve far fronte a una serie di problemi giganteschi. Sergio Chiamparino e Massimo Cacciari vogliono fondare un Pd del Nord. Anche Romano Prodi ha cominciato a sparare sul quartier generale, con la proposta di far eleggere il leader democratico dai segretari regionali del partito, una specie di super-casta.

Che cosa importa di questo bordello agli italiani qualunque? Nulla. Vedono un Paese ancora in ginocchio per la crisi economica, mentre la politica si divide, si combatte, si fa le pippe, si balocca smontando e rimontando il puzzle del potere. E si chiedono se la baracca crollerà. Me lo domando anch’io. E confesso di provare una fifa blu.

da Prima Pagina de il Riformista di lunedì, 19 aprile 2010