martedì 27 luglio 2010

Che cosa mi aspetto da Santoro

Anche questa settimana pubblico Il Bestiario di Giampaolo Pansa. Piacevole da leggere, incisivo, lucido e  pacato nel descrivere la realtà delle cose italiane.

Che cosa mi aspetto da Santoro
di Giampaolo Pansa
 
Il Bestiario. Santoro faccia un programma diverso, equilibrato, fondato più sul ragionamento che sull'urlo.

Comunque vada l'agonia dei partiti italiani, ci sarà una sorpresa nell'autunno politico. Su una rete RAI tornerà Annozero di Michele Santoro. Non si sa ancora su quale canale, ma il più famoso dei talk show nazionali riprenderà il giovedì 23 settembre. Qualche lettore del Bestiario potrebbe chiedermi: che sorpresa è? Domanda legittima. Adesso proverò a rispondere.

Santoro (Salerno, 1951) sta in televisione da ventitré anni. Le sue prime trasmissioni, sulla Rete 3, furono Samarcanda, iniziata nel 1987, e Il Rosso e il Nero, del 1992. Le ricordo bene perché Michele mi invitava spesso come ospite. Lui era alto e magro, già bravissimo come televisionista, astuto e ambiguo il giusto che occorreva. Era di sinistra, ma allora in tanti lo eravamo, sia pure in mille modi diversi. Però non mi sembrò mai un giornalista dimezzato a favore di un partito. Del resto, il partito di Santoro era uno solo: Santoro.

Poi Michele accettò di lavorare per Mediaset, dominio personale di Silvio Berlusconi. Se non sbaglio era il 1994 e la sua trasmissione si chiamava Tempo reale.

Ma neppure lì si inchinò al padrone di turno. Il Cavaliere non lo amava. Anzi, per dirla tutta, Santoro gli stava sui santissimi. Riuscì a metterlo fuori e Michele divenne il Grande Epurato dell'editto di Sofia. A quel punto, eravamo nel 2004, Santoro accettò di candidarsi al Parlamento europeo e venne eletto a furor di popolo.

Chi lo conosceva disse: Michele non resisterà a lungo nella tetraggine di Strasburgo, la televisione è la sua vita, ci tornerà non appena gli sarà possibile. Infatti, nel settembre 2006, eccolo iniziare la serie di Annozero. E presentare se stesso nelle vesti di un mattatore ben diverso da quello di Samarcanda e di Rosso e Nero. Adesso è un conduttore da battaglia. Contro Berlusconi, naturalmente: il nemico da sconfiggere, il demonio da scacciare, il caimano da uccidere.

In questa veste, Santoro non mi piace più. Quando m'invita come ospite ad Annozero, rifiuto. Lui capisce e da quel momento, com'è naturale, eviterà di chiamarmi. Confesso d'essere contento di star fuori dal suo teatro. Trovo Michele il più mussoliniano dei conduttori televisivi. Ogni giovedì, lui ci impone di credere, obbedire e combattere contro il Caimano. Il pubblico lo adora. Santoro diventa la prova vivente che il regime fascista di Berlusconi esiste, ma può essere battuto.
I tentativi di fermarlo, condotti dai tetri burocrati governativi della RAI, hanno un solo risultato: rafforzare Michele, ormai invincibile nel ruolo dell'eroe-vittima.Poi arriva l'estate e, in apparenza, tutto si calma. Ma tra un paio di mesi saremo al grande ritorno di Michele in tivù. Il Bestiario si augura di rivedere ogni giovedì lui e Annozero. Tuttavia nutre la speranza che ci venga offerta una trasmissione diversa da quella dell'ultimo ciclo. Quale senso avrebbe fare un altro talk show di guerriglia? E contro chi poi? Il sistema dei partiti è in coma. Il caos domina nel Parlamento. Lo stesso Berlusconi è ormai lo spettro di se stesso.

I media televisivi e la carta stampata sono il riflesso del disordine che stravolge il paese. Noi giornalisti non sappiamo più spiegare ai lettori che cosa sta accadendo. Lo constato ogni mattina nel leggere dodici quotidiani. Di fronte a molti articoli, mi propongo la stessa domanda che mi faccio nei confronti di tanti magistrati: staranno cercando la verità o combattendo una battaglia politica?

In questo clima sempre più pericoloso, il ruolo di Santoro e di Annozero potrebbe essere d'importanza cruciale. Per diverse ragioni. Prima di tutto non esiste nella tivù italiana, pubblica o privata che sia, un professionista bravo come lui. I suoi spettatori (6 milioni, 20 per cento di share) sono più numerosi di quanti leggono i quotidiani. Infine il mezzo usato da Santoro è l'arma numero uno nella guerra tra poteri che sta mandando al tappeto l'Italia. E tra i poteri metto al primo posto la corruzione politica e la grande criminalità organizzata, ormai fusi in un blocco mostruoso.

Tutti gli italiani si trovano di fronte a un tragico rebus: che cosa è diventato il nostro paese? Bene, Michele è tra quanti possono aiutarci a risolverlo. Per riuscirci, non serve riproporre l'Annozero della scorsa stagione. Santoro deve fare un programma diverso, equilibrato, fondato più sul ragionamento che sull'urlo, quasi pacato. Posso sbagliarmi, ma ho l'impressione che la rabbia non tiri più. Non sto dicendo che debba rinunciare a Travaglio e a Vauro. Il problema non sono loro, e neppure gli ipotetici anti-Travaglio e anti-Vauro di centro destra.

Il problema è Santoro. Il padre padrone di Annozero è lui. Tutto dipende dalla sua volontà, dalla sua intelligenza, dalla sua cultura. Vuole rendere un servizio agli italiani, che tra l'altro sono i suoi datori di lavoro e i suoi finanziatori, per lo meno quelli che pagano il canone Rai? Michele ha davanti a sé due strade. Continuare nel ribellismo televisivo, sempre più infuocato e inconcludente. Oppure diventare il maestro Manzi del Duemila. Manzi insegnava a leggere e a scrivere nel programma tivù “Non è mai troppo tardi”. Oggi siamo quasi tutti alfabetizzati. Ma non sappiamo più leggere la crisi italiana. E non sappiamo più scriverne le possibili soluzioni.

Certo, san Michele non fa miracoli. Ma può dare inizio a un'altra delle sue vite con la sorpresa che anch'io aspetto. Una seconda sorpresa, negativa, sarebbe la fine del suo Annozero. Mi auguro che la cricca imperante nella RAI non imbocchi questa strada suicida.
lunedì, 26 luglio 2010


[Fonte]