mercoledì 28 luglio 2010

Primo di due post sulla querelle di Fini e delle sue truppe sfasciavolontà elettori

Fini ha dimenticato la storia d'Italia

Fini convertito alla legalità. Ma di cosa parla il Presidente della Camera dei Deputati? Parla di legalità, una conversione al nuovo che avanza, una inutile contumelia sull'ovvio. Sfugge all'acuto Fini che si parla di legalità da prima della seconda guerra mondiale. Ne parlava anche il socialista Mussolini. Fini sposa la bandiera dei radicali di Pannella, con la differenza che Pannella la legalità la pratica nei fatti, nei comportamenti, nelle azioni politiche. La legalità di Pannella, con tutti i distinguo possibili, è scritta nel DNA dell'uomo politico, che con coraggio, senza opportunismi e da oltre 30 anni difende il valore della legalità contro tutti. Lo dimostra il fatto che il partito è allo 0,7%, mentre una pletora di chiacchieroni della legalità si colloca tra il 5 e l'8%. Il segno che il coraggio non paga, altro indicatore della finta libertà di stampa che da una parte e dall'altra risponde alle esigenze dell'interessato datore di lavoro. Peccato che Fini sia arrivato con decenni di ritardo. Dopo le intemperanze del fido apripista Granata, i vassalli del Presidente Fini, Bocchino e Buongiorno, eletti in Parlamento con i voti di Berlusconi, assurgono ad eroi della domenica illustrata, applauditi da quegli irriducibili dementi della sinistra, che ormai sanno solo essere la brutta fotocopia del ruvido Di Pietro, la nuova stella polare degli irriducibili nemici del Maligno (Berlusconi). Invece di porsi come vero uomo della provvidenza (ne avrebbe la qualità), abbandonando le improvvisazioni sui grandi temi del Paese, percorrendo le vie dettate dalla scienza della politica, dell'economia, della sociologia, della psicologia sociale, della scienza della comunicazione, il Presidente Fini, come qualsiasi pessimo scolaretto, copia maldestramente i suoi colleghi, nemici di Berlusca, ripercorre stancamente le ormai fallimentari vie delle sconfitte del Pd, delegittimando il Suo leader. Non la storia che sarebbe complicato capirla per gli odierni nemici del Premier, ma la cronaca degli ultimi 15 anni non ha insegnato alcunché. Di Pietro, D'Alema, Fassino, Letta , Bindi, Bersani, Casini, ora Fini, tutti uniti verso la sconfitta, tutti uniti verso il muro del pianto, che ci invita a piangere sulla pochezza di coloro che aspirano a governarci. Pannella, come dimostra da oltre 30 anni si trova sempre oltre l'orizzonte, peccato che non ha alcuno che possa capitalizzare in voti il suo indiscusso talento. Fini e i suoi fedeli soldati hanno senza discernimento acquistato l'intero pacchetto "turistico" di tutte quelle idiozie che i tamburi della propaganda sinistrorsa lanciano ad una parte dell'ignaro popolo rosso, viola, che stancamente ripete il rito antico della lotta contro l'oppressore, il potere, i padroni, i nemici dei poteri forti, i servizi deviati. Le grida "no al bavaglio, no alla dittatura berlusconiana, non vogliamo essere sudditi, no allo strapotere della maggioranza, si alle avanguardie rivoluzionarie", lanciate dai finti intellettuali di sinistra, si pensava fosse un fisiologico residuo, in via di estinzione, dello stupidario nazionale che allieta le pagine dei giornali dai tempi del mitico '68. Forse il Presidente Fini si è svegliato da un lungo sonno e di colpo ha pensato utile parlare di legalità. Il problema della legalità è vecchio come la Repubblica italiana. L'osannato sindaco di Roma Petroselli, bontà sua, ne sapeva qualcosa. A via dei Frentani epurava, radiava, stroncava la vita politica di compagni poco ubbidienti. Vendola, Bassolino, la Iervolino, secondo il principio intermittente del pool di mani pulite, non potevano non sapere. Veda Presidente Fini la mia famiglia ha dato tre morti alla seconda guerra mondiale, voluta da Mussolini. Due in Russia ed uno in Africa (fratelli di mia madre); mio padre è stato nel direttivo dell'Anpi; è stato il cofondatore del Psup di Vecchietti; io ho avuto la tessera del Pci fino al 1977, poi sono passato al Psi di Craxi e Martelli; dal 1994 voto il partito di Berlusconi. Tante cose non vanno. Mi creda per trovare un po' di spazio politico perduto non si affidi ai logori siparietti di Anno Zero e Ballarò. Cambi tema, non perché non sia importante la legalità, ma lasciamola a Pannella. Bene pubblico, ente pubblico, azienda pubblica, gestione pubblica, lavoro pubblico, posto pubblico, immigrazione, sicurezza. Abolire tutto, tutto privatizzato, tutto dovrebbe funzionare come l'azienda privata. Il privato non è il demonio, il padrone, lo speculatore; il privato siamo sempre noi, noi cittadini di questo Paese. Dare al privato significa dare ai cittadini singoli o associati che lavorano e fanno funzionare le aziende, gli enti, con produttività e con redditività. Non è difficile verificarlo. Poco al pubblico, molto al privato. Chi è bravo e lavora va avanti, chi è somaro resta indietro. Il resto sono chiacchiere, slogan, banalità che generano il nulla. Ovviamente ho semplificato. Se poi il tema della legalità deve proprio essere il suo nuovo argomento, prima di agire si consulti con Pannella, lui se ne intende. Non me ne voglia, diffidi di quelli che gli tributano applausi e ieri la disprezzavano, chiamandolo fascista.

 Articolo di Carlo Priolo pubblicato su L'Opinione delle Libertà, il 28/07/10
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